ARRIVANO LE SPOSE

ARRIVANO LE SPOSE
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Un incontro speciale e intimo con Tinatin Kajrishvili, giovane regista di Brides, il film che ha aperto l'edizione 2014 del MFF. Uno sguardo toccante su una Georgia divisa tra modernità e retaggi arcaici.

 

Brides è stato un colpo di fulmine unanime per il comitato di selezione del MFF. Da quando è stato presentato all'ultima Berlinale, il film è stato tra i primi lungometraggi a essere corteggiato e scelto per il concorso.

È una storia sospesa nel tempo. Nei costumi e nelle ambientazioni non ci sono riferimenti a epoche storiche precise. Gli stessi nomi delle vie e delle strade di Tbilisi sono stati eliminati nel montaggio. Tinatin, classe 1978, non vuole focalizzare l'interesse dello spettatore sul contesto urbano, è solo uno sfondo, una cornice post sovietica alla vicenda di Nutsa e Goga. Lei fa la sarta, ha due bambini piccoli, una casa da tenere in ordine e uno sguardo velato di tristezza. Lui è stato condannato a 10 anni e per riuscire a vederlo una volta al mese, Nutsa è costretta a sposarlo. 

La regista ha cercato di ricreare una bolla emotiva e temporale, in cui lo spettatore, attraverso vicinissimi primi piani e lunghi piani sequenza, viene immerso nella stessa angosciosa speranza in cui vivono i protagonisti della vicenda.

 

Dopo molti corti e un documentario, questo è il tuo primo lungometraggio. Come lo definiresti, essendo un dramma tratto da una storia vera, la tua? 

Questo film rappresenta sei anni della mia vita, il periodo in cui ho aspettato la scarcerazione di mio marito. È stato difficile per me definire un confine tra realtà e immaginazione. Sì, mi sono sposata in prigione, ho anch'io due figli come la protagonista Nutsa. E ho vissuto anch'io la mia prima notte di nozze in carcere, ma posso assicurare che vivere sulla propria pelle queste esperienze è molto più doloroso di quanto si possa rendere in un film.  

 

Come sei riuscita a mantenere un distacco narrativo nel girare una storia così autobiografica?

Il film di per sé è un'altra cosa, è basato su una storia vera, ho voluto ricreare un mondo che realmente ho conosciuto in prima persona, ma nessuno è interessato alla vita di Tinatin in quanto tale, per quanto rocambolesca possa essere stata. Il mio intento è piuttosto quello di denunciare una condizione che purtroppo in Georgia accomuna mogli e fidanzate di migliaia di detenuti, la maggior parte nemmeno veri criminali, ma prigionieri innocenti. Almeno fino al recente indulto concesso dall'ultimo governo.

Mi sono sentita in dovere, avendone la possibilità, di raccontare questo inusualmente triste spaccato familiare. Sono vicende sconosciute al resto del mondo, perché le stesse autorità tendono a nasconderle, per evitare problemi o ingerenze straniere nella gestione del sistema giudiziario. Anche a livello intimo, per una moglie, un padre, un figlio, ammettere che il proprio caro è in prigione è considerata una vergogna da preservare tra i segreti di famiglia. Aver visto coi miei occhi tutte queste donne in fila, notte e giorno, in attesa davanti al carcere solo per consegnare delle mele al proprio marito mi ha fatto ragionare sull'amore, il vero amore, quello che va al di là della passione o delle farfalle nello stomaco, al di là di ogni età o del tempo che passa.

 

La vicenda dell'anziana signora che si sposa col marito accusato ingiustamente di aver rubato e ucciso una vacca non sua, è forse tra le più toccanti...

 Ho veramente conosciuto questa donna, il mio matrimonio è stato celebrato assieme al suo, e l'unica cosa che continuava a chiedersi era se le avrebbero permesso di portarselo via se mai gli fosse morto dietro le sbarre, o se l'avrebbero sepolto lì. Si preoccupava perché il suo desiderio più grande era quello di essere sepolta col marito. È questo l'amore di cui parlo. Ma parlo anche dell'amore ingenuo e immaturo, ma comunque fortissimo, della giovane che appena maggiorenne, di nascosto dalla famiglia, corre a sposarsi in carcere. Ho incrociato per anni questa giovane donna dentro al carcere, è stata un esempio per me di dedizione e amore incondizionato. E alla fine ha accettato di interpretare sullo schermo la sua storia.

 

E il tuo amore è stato così forte?

Direi di sì. Io e mio marito, per 4 dei 10 anni della sua carcerazione, non ci siamo toccati, ci concedevano le visite solo attraverso una finestra di divisione. Questo fino al 2011, quando sono cambiate le leggi e mi sono resa conto di quanto il Governo abbia il potere di decidere della tua vita. Devi seguire le regole, le sue regole, e anche quando la Georgia è diventata più liberal, la nuova legge mi ha permesso di vedere, toccare, baciare e abbracciare mio marito due volte all'anno, ogni 6 mesi, per 24 ore. 

"Nutsa resta giovane, per me" questa frase tratta dal film è in realtà ciò che mio marito mi ripeteva ogni volta, implorandomi di avere la forza di andare avanti. Nonostante quello che abbiamo passato siamo ancora insieme, è stato cosceneggiatore del film e ha seguito le riprese al mio fianco. 

 

Finalmente Nutsa riceve la notizia che può passare un'intera giornata insieme al suo Goga, per l'appuntamento decide di mettersi l'abito del loro primo appuntamento, come è stato nella realtà per te?

Incredibile. Mi hanno chiuso a chiave insieme a lui in una specie di prefabbricato. Come lui, sono diventata prigioniera per due giornate all'anno. Era tutto così assurdo che mi sono detta: non può essere reale, è un film. E allora ho iniziato a scrivere Brides.

 

Concorso lungometraggi

Brides, sab. 6, ore 15, Teatro dell'Arte; ven. 12, ore 17, Spazio Oberdan

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