GIOCO AL MASSACRO

GIOCO AL MASSACRO
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Ho intervistato Johannes Naber, regista di Age of Cannibals, davanti a un caffè, nella cucina della sua ospite Caterina, che ha partecipato al progetto “Adotta un regista”.  Niederlaender e Oellers sono due consulenti finanziari che girano il mondo per affari, senza mai uscire dagli hotel, a disturbarli nella scalata al successo arriva Bianca, giovane consulente in ascesa.

 

Come hai avuto l’idea per questo film?

L’idea è stata dell’autore Stefan Weigl e del produttore Milena Maitz, che intorno al 2005 hanno pensato di girare un film sulla globalizzazione e di svilupparlo in maniera il più economica possibile, con pochi attori e poche location. Queste condizioni sono divenute il punto di forza del film. Mi hanno proposto di lavorare su questa storia e ho accettato.

  

Spiegaci meglio la scelta di girare solo in stanze di hotel, senza riferimenti geografici.

Oltre al fattore economico, volevamo rendere l’idea di un’atmosfera claustrofobica. I protagonisti viaggiano di paese in paese, visitando luoghi piuttosto poveri e non molto accoglienti, lavorano per grandi compagnie tessili e aprono e chiudono siti di produzione, cercando sempre di abbattere i costi. Rimanere sempre chiusi all’interno degli hotel permette loro di vedere le realtà in cui investono solo come numeri, senza curarsi dei costi umani o delle condizioni di sfruttamento. Il mondo esterno rimane così solo un’astrazione. Se dovessi rifare il film oggi cancellerei tutti i riferimenti geografici che ho inserito, perché i luoghi non contano realmente.

 

I protagonisti sono pieni di nevrosi  e perversioni. È denuncia anche la follia del loro mondo?

Credo che chi inizia un lavoro come questo, lo fa sempre con una forte dose di idealismo, pensando di poter cambiare il mondo. La macchina in cui si entra però ha un meccanismo che ti stritola, è come se i protagonisti si stessero decomponendo in reazione al sistema in cui si trovano, in un certo senso sono loro stessi vittime del loro mondo.

 

Bianca sembra essere la più pulita e corretta, ma anche lei nasconde i suoi lati oscuri.

È la più giovane dei tre e quindi anche quella che ha subito meno deformazioni. È molto idealistica, crede, e inizialmente prova a fare il lavoro in un modo diverso. I giovani che si affacciano su questo mondo sono in genere molto intelligenti e preparati, sognano di accedere al potere e di cambiarne le regole. Ben presto però imparano che non funziona così e si piegano al sistema.

  

I personaggi sono vittime di un sistema ma anche carnefici. Alla fine sembra che giustizia sia fatta.

Attraverso questo lavoro ho voluto fare una sorta di esperimento scientifico, mettendo i tre consulenti in una situazione limite per vedere cosa sarebbe successo. Non intendevo dare un giudizio, ho voluto fare un ritratto di questo sistema. Alla fine il mondo esterno invade l’hotel in cui si sono sempre trincerati. È la realtà del posto che li sommerge: la rivoluzione locale s’impone sulla loro “rivoluzione”, quella del capitalismo.

 

Concorso lungometraggi

Age of cannibals, gio. 11, ore 17.00, Teatro Strehler; sab. 13, ore 17.00, Spazio Oberdan

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