APPUNTAMENTO <br>AL SOLSTIZIO D’ESTATE

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AL SOLSTIZIO D’ESTATE

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Prospettive presenta l’evento speciale In Love with Shakespeare, commovente ritratto del maestro di teatro e cinema Gaetano Sansone. L'intervista alla regista Alessandra Cardone

 

«Who’s there?» così inizia l’Amleto. «Chi sono io?» si interroga Gaetano Sansone all’inizio di In love with Shakespeare, il mediometraggio di Alessandra Cardone. Interviste ad attori, registi, drammaturghi ci permettono di fare conoscenza con l’uomo scomparso quattro anni fa che, con passione e generosità d’animo, ha formato a Milano una nuova generazione di professionisti del teatro. Alessandra Cardone è stata allieva di scrittura di Gaetano, prima copywriter, poi autrice di corti e ora al lavoro al suo primo lungometraggio.


Il film raccoglie le interviste di attori e drammaturghi che raccontano la figura di Gaetano Sansone, ma alla fine manca la tua personale testimonianza. Che rapporto hai avuto con il maestro?
Ho conosciuto Gaetano nel 2002, quando era già malato. Dopo l’esperienza come copywriter in grandi agenzie di pubblicità sono tornata al mio primo amore, il cinema, e ho cercato qualcuno che tenesse un corso di sceneggiatura; più di una persona mi ha fatto il nome di Gaetano Sansone. Soffriva già di questa malattia mai diagnosticata che lo limitava fisicamente e non teneva più corsi oltre a quelli canonici alla Scuola di Cinema. Poteva però farmi lezioni private. È stata una persona fondamentale per me. Di lui mi ha sempre colpito la semplicità delle sue risposte, in ogni occasione era capace di illuminarti. Risposte immediate, anche sulla scrittura: spostava una parola e tutto cambiava. Ogni mossa era fatta con leggerezza e semplicità, sul lavoro come sulla vita. Era un maestro in grado di dare sempre preziosi consigli, ci sono pochi personaggi come lui. Dalle sue lezioni è partita l’idea del mio primo corto, mi hanno chiesto di girarlo e ho scoperto inaspettatamente l’amore per la regia, non me l’aspettavo affatto. Mi ritenevo più legata alla scrittura, ma ho cominciato a girare pubblicità e cortometraggi con l’obiettivo di arrivare al cinema.

 

Perché ti sta a cuore il progetto-utopia Will’s ways?
Non volevo fare un documentario sulla sua vita e ho trovato questa chiave per affrontare il personaggio, raccontando il doppio binario dell’amore Gaetano- Shakespeare e del progetto Will’s ways. Per fare un documentario biografico ci sarebbero stati pochi elementi, pochi filmati; se si fa una ricerca su internet si trova poco su Gaetano e la maggior parte dei filmati era brutta a livello tecnico. Le mie scelte sono state in qualche modo dettate dal materiale a disposizione. Certamente non era un ottimo imprenditore di sé, ma perché non ha mai rincorso il successo. Non ho potuto per esempio inserire una splendida conferenza di Gaetano su 2001: Odissea nello spazio perché mancavano le immagini. Ho raccontato più il Gaetano teatrale di quello cinematografico. Mi sono concentrata quindi sul suo grande amore, Shakespeare, che dal colpo di fulmine del ’69 quando ha visto in scena la compagnia di Peter Brook, ha segnato la sua vita e le sue scelte. In più raccontare questo ultimo grande progetto incompiuto era un modo per mantenerlo in vita, proiettarlo verso un futuro e verso una possibilità. Un messaggio per chi volesse riprendere Will’s ways da dove si è interrotto. Non occorre che le compagnie partano in viaggio per terra o per mare per ricongiungersi in un’unica manifestazione. Sarebbe più semplice, ma allo stesso tempo di grande suggestione, che i teatri d’Europa si trovassero durante il solstizio d’estate del 2016 a mettere in scena contemporaneamente il Sogno di una notte di mezza estate.

 

Il documentario In Love with Shakespeare nasce dalla collaborazione con la Civica Scuola di Cinema.
Ho portato l’idea alla direttrice della scuola dove insegnava Gaetano, Laura Zagordi, che si è dimostrata subito contenta che si facesse qualcosa per Gaetano. La scuola ha istituito un bando per ottenere i materiali necessari. Siamo stati selezionati assieme ad altri progetti e ho potuto scegliere fra i ragazzi della scuola tre operatori di macchina, un fonico e un direttore di produzione. È stato un apporto fondamentale per la realizzazione del film.

 

Che cosa ci puoi dire dei diversi ambienti in cui hai lavorato durante il tuo percorso?
Ho studiato filosofia in università e subito dopo ho iniziato con la pubblicità. A quei tempi era tutto molto più luccicante, si viveva sulla gloriosa scia degli anni Ottanta e Novanta. Era più divertente e giravano più soldi, un’aria più allegra insomma.

A Milano quello della recitazione era un ambiente molto underground, ho frequentato Campo Teatrale e il Teatro di Porta Romana, ambienti abbastanza intellettuali, senza il risvolto commerciale della pubblicità, dove tutto era veloce e, a volte, nemmeno così professionale. Ciò che da copywriter ho trovato brutto della pubblicità è che la creatività è sempre incanalata al servizio del cliente, bisogna chinare la testa a volte. Anche la regia per una pubblicità ha paletti impostati da qualcun altro. Quando invece fai un corto tutto tuo ti confronti con te stesso, non con un prodotto da pubblicizzare e sei libero di fare le tue scelte.

 

Dei tuoi cortometraggi mi ha colpito Boxing Paradise.
Il pugilato è solo un pretesto, la cosa che mi interessava era lavorare sull’annebbiamento onirico, sulla perdita di conoscenza dopo un colpo ricevuto. Si crea una sorta di velo bianco, il lottatore perde conoscenza e il suo cervello appiattisce ogni sensazione. A volte si può anche morire: questo è il “boxing paradise”. L’idea era che tutti i pugili da ogni parte del mondo si ritrovassero in questo limbo ultraterreno, in cui nessuno conosce la ragione del suo essere lì. Alcuni si risvegliano, ma chi muore rimane lì.

 

Di cosa parla il lungometraggio che hai in lavorazione?
Posso dirti che ha la danza come background. È un film su un handicap che si trasforma in un grosso complesso. Ognuno di noi ha un problema che tiene nascosto. Non esiste la perfezione ma esiste l’armonia che può aiutare a conciliare i propri handicap.

 

Mancava giusto la danza alla schiera dei tuoi interessi.
In effetti ho fatto anche danza, ma solo come sport. Che non si dica che sono una ballerina…

 

In Love with Shakespeare di Alessandra Cardone, gio 4 dicembre, ore 18.00, Spazio Oberdan

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