TRACCE DI UN TEMPO SOSPESO

TRACCE DI UN TEMPO SOSPESO
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Caltabellotta, paese dove riti e forze antiche coesistono con le necessità del presente, dove la vita passa dalla terra e gli abitanti sono custodi di un’eredità millenaria. Triokala di Leonardo Picarella, oggi in concorso, mette a fuoco un Sud profondo e antico, abitualmente fuori schermo

 

Nel profondo e antico Sud, in Sicilia un tempo culla di civiltà, si trova Caltabellotta, paese costruito sulle macerie della città Triokala. I suoi abitanti lavorano la terra, raccolgono olive, si propiziano il volere degli dei con riti atavici e sfruttano energie invisibili per curare i mali fisici e spirituali della comunità.

Leandro Picarella, al suo primo lungometraggio, prosegue la propria indagine a ritroso nel tempo e, dopo aver raccontato il set de Il gattopardo (2013) e la vita di Danilo Dolci (2014), evoca le presenze arcaiche protagoniste della crescita di una delle città più conosciute e ammirate dell’epoca pre-cristiana.

Campagne fertili, acque limpidissime e vini talmente pregiati da essere espressamente richiesti da Giulio Cesare durante i pubblici conviti ,come raccontato nel bell’articolo di Giuseppe Rizzuti (http://www.caltabellotta.com/lavoce/lavoce/lavoce201110/003.pdf), fecero di Triokala uno snodo strategico e una terra ricca di frutti.

Eppure qualche scheggia di memoria di quel tempo perduto ancora sopravvive nei gesti degli abitanti attuali come se (nonostante le divisioni, le conquiste e gli stravolgimenti geopolitici) il loro sangue fosse macchiato, in modo indelebile, da una forza immortale che l’evidenza scientifica potrà, forse, rifiutare, ma non escludere.

Zu Emanué, personaggio affascinante, un po’ contadino e un po’ sciamano, viene chiamato, anzi evocato, dagli abitanti in difficoltà, come fosse lo spirito posto a protezione delle loro vite. Con la pranoterapia allevia il dolore alla spalla di un giovane bracciante addetto alla pulitura meccanica degli olivi, mentre, per lenire le sofferenza di un operaio assunto” in nero”, produce una densa pomata facendo cuocere una serpe nell’olio. Proprio nella sequenza del sacrificio dell’animale  è evidente lo scontro emotivo fra epoche lontane in cui, alla spietatezza necessaria degli antichi, si somma la calma rassegnazione dei nostri giorni,

Così il ciclo della vita e della morte si ripropone, ineluttabile: l’u diavulazzu enorme costruito dagli abitanti viene eretto in piazza e dato alle fiamme nel giorno dell’Immacolata Concezione; le sue ceneri raccolte dentro un’urna, trasportate in cima a una rocca e sparse nell’aria tersa.

Come nel romanzo Passavamo sulla terra leggeri di Sergio Atzeni, il racconto delle origini di un popolo serve a trasformare  lettori, e spettatori, nei nuovi custodi della memoria, narratori di domani.

 

Triokala di Leandro Picarella, Concorso internazionale, sab 28 novembre ore 20.15, Spazio Oberdan

 

 

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