L’amore, la vita, la pazzia: l’intenso ritratto che la regista Antonietta De Lillo dedica ad Alda Merini
La regista napoletana Antonietta De Lillo (Non è giusto, Il resto di niente) arriva da Roma per la prima milanese de La pazza della porta accanto, ritratto cinematografico di Alda Merini stasera a Invideo. Della poetessa dei Navigli, scomparsa nel 2009, la regista aveva già realizzato un ritratto nel 1995, dal titolo Ogni sedia ha il suo rumore. Quasi due decenni dopo la voglia di riscoprire uno dei personaggi più controversi della letteratura italiana. La chiamiamo mentre è impegnata al montaggio del documentario Let’s Go, per farci raccontare il suo incontro con la poetessa milanese.
“Io ho illuminato molto, ma sono rimasta al buio”
Come è arrivata a ritrarre in video Alda Merini?
È cominciato tutto in maniera piuttosto casuale. L’attrice napoletana Licia Maglietta stava lavorando al suo spettacolo Delirio Amoroso, in cui interpreta le poesie della Merini. Mi ha proposto di farne il ritratto: così è nato Ogni sedia ha il suo rumore(1995), che ho presentato al festival di Locarno, dove si fondono i linguaggi del teatro e del cinema, i frammenti della conversazione e le immagini dello spettacolo.
È stato semplice avvicinarsi alla poetessa?
Ricordo la difficoltà nel fissare l’appuntamento. Dopo qualche tentativo via telefono abbiamo deciso di andare personalmente a presentarci alla sua porta e girare il video ritratto.
Quali sono le differenze fra il primo film e La pazza della porta accanto?
Avendo girato per due giorni avevamo materiale in abbondanza. Nel 1995 cercavo di dimostrare come un oggetto può dire cose diverse a seconda dell’angolazione. Ero incantata, mossa dalla curiosità, ma ho subito la fascinazione della scrittrice e alcuni aspetti mi sono sfuggiti. Col passare degli anni ho sentito di aver lasciato qualcosa indietro. Ho cambiato sguardo sul mio lavoro, da autrice a spettatrice, e la poetessa mi ha parlato in maniera diversa. Così ho proposto a Rai Cinema il progetto: sono due film diversi che amo alla stessa maniera.
Il film inizia con il suo desiderio di conoscere la Merini: è riuscita a scoprire il suo segreto?
Alda Merini risponde che i poeti sono inconoscibili: ho avuto la sensazione che si sia mantenuta la giusta distanza fra me e lei. Nel raccontarsi ha parlato di moltissimi argomenti e della sua esperienza personale, conservando quello scarto che si deve alle grandi personalità. Quando si parla della scrittrice di Milano si tende sempre ad usare e sfruttare la sua esperienza travagliata, l’agonia del manicomio o le sue vicende familiari. Ne La pazza della porta accanto si percepisce la miseria dell’internamento, l’emozione del rapporto con i suoi figli. Oltre a questo però affiora un discorso più poetico e tecnico, sui processi creativi che portano alla scrittura. Siamo entrati nel mondo della Merini mettendoci a servizio della letteratura, e la poetessa ci ha dato una grande lezione di vita.
Cosa cerca da un video ritratto?
L’idea è quella di tratteggiare lo spirito di una persona, non quello di informare. Non ha le proprietà del documentario biografico. É più di tutto un atto d’amore. Nel caso della Merini, come in Promessi Sposi del 1993, la preoccupazione era quella di far emergere il filo invisibile che mi ha collegato alla poetessa durante quell’incontro. Ognuno si può rispecchiare nel dialogo.
Mi sono concentrata sul suo volto, descrivendo una geografia del corpo. Questo flusso viene interrotto dalle immagini di Milano. Non solo le immagini dei Navigli, ma una città più ampia che ogni volta mi accoglie splendente. Le manca solo il mare. Anche in questo recente lavoro ne emerge una Milano solidale, che percepisce le difficoltà della gente. Se esiste una ricetta per la crisi può essere proprio l’operosità che si trova qui.
foto di Gaia Consuelo Giani
La pazza della porta accanto, Antonietta De Lillo, Sab. 1 novembre, ore 21.00, Spazio Oberdan
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