BARBARA NAVA, ON THE ROAD SULLA FRONTIERA

BARBARA NAVA, ON THE ROAD SULLA FRONTIERA
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A Taxi With A View è stato realizzato nelle strade d'Israele e Palestina. Incontriamo la regista a Milano che ci parla della sofferenza di un popolo diviso da muraglie di cemento

 

I paesaggi con montagne innevate, prati verdi, impronte di passi su un sentiero sono il simbolo di una libertà che ci stiamo togliendo piano piano. Barbara Nava porta sullo schermo uno spaccato poco conosciuto della società israelo palestinese, che vuole far riflettere sull'importanza di poter camminare liberamente come in montagna. 

 

Nel film ha deciso di concentrarsi su un aspetto meno noto di quell'area.

Ho un'amica, Miriam Manati, che vive a Gerusalemme e mi raccontava delle difficoltà che gli abitanti incontrano ogni giorno a causa delle frontiere che sono state erette. Tutti conosciamo il conflitto tra il popolo palestinese e quello israeliano, ma ignoriamo quanto le divisioni territoriali, i posti di blocco e i permessi abbiamo reso quasi impossibile viaggiare liberamente per il paese. La situazione è talmente complicata che ci sono le applicazioni sul cellulare che mostrano se sei in territorio palestinese o israeliano. 

 

Nel film ha intervistato tassisti e persone di ceti sociali e nazionalità differenti, perché?

I tassisti vivono ogni giorno la difficoltà delle frontiere per cui conoscono molto bene la situazione. Io volevo che il film fosse il punto di vista delle persone normali e non degli attivisti o dei religiosi, che riempiono Gerusalemme. Gli attivisti mi hanno aiutato enormemente a comprendere lo stato delle cose ma ho preferito non intervistarli per non rischiare di cadere nell'etichetta. 

 

Le frontiere che cosa hanno creato?

Paura perché hanno tolto la possibilità di conoscere l'altro che quindi nell'ignoranza e in un clima di terrore è divenuto il mostro. Prima dell'Intifada non era così: chiunque poteva andare a Betlemme a fare la spesa. Le frontiere hanno rinchiuso le persone. Un giorno stavo parlando con un'attivista israeliana che mi ha detto: "Gli israeliani si sono costruiti un ghetto". 

 

I due popoli usano i cartelli per avvisare l'entrata in zone pericolose. Lei si sofferma su un cartello che all'ingresso del quartiere ortodosso di Gerusalemme avvisa le donne di indossare degli abiti "modesti". Che cosa è diventata la religione?

Purtroppo è una barriera che a differenza dei posti di blocco va a porsi tra i sessi e la donna ne è schiacciata. Il suo scopo è di controllare la femminilità per non farla parlare. E' importante distinguere la religione dei credenti e quella degli integralisti. L'integralismo è, in qualsiasi sua forma, un cancro. 

 

Si può dire che A Taxi with A View non è solo il film sulle frontiere che dividono i territori palestinesi da quelli israeliani?

La mia intenzione era di suscitare una riflessione sul concetto universale della frontiera. Per questo ho utilizzato gli scritti di Kapuscinski in Imperium. Ma questo aspetto universale è già contenuto nella zone che racconto: Gerusalemme e il resto di quelle terre sono il laboratorio del futuro dell'umanità.

 

La scorsa settimana Israele ha occupato le prime pagine dei quotidiani per la vittoria inaspettata di Benjamin Netanyahu. E' possibile un futuro di pace?

Bisogna considerare un fatto molto strano: Netanyahu quando parla in israeliano, dice che non ci sarà mai uno Stato palestinese, ma, al contrario, quando si esprime in inglese, rileva la necessità di due Paesi. C'è molta confusione. Per chi non lo vota, Netanyahu è espressione del populismo, che anche in Europa ha preso il sopravvento. Quanti politici europei vogliono costruire muri lungo i confini per impedire l'entrata agli stranieri?

 

Stiamo perdendo una libertà molto preziosa. La lunghissima muraglia che ci accompagna alla fine del film è un monito all'umanità che deve aprire gli occhi e rifiutare la chiusura nel terrore e nell'ingnoranza. 

 

A Taxi With A View di Barbara Nava, Concorso Le Donne Raccontano, mar 24, ore 20:00, Cinema Beltrade

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