LOTTA DI CLASSE IN ANATOLIA

LOTTA DI CLASSE IN ANATOLIA
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Parlare del futuro della Turchia partendo da Istanbul, ma dalla sponda asiatica. Parlare della condizione femminile migrando quotidianamente, con le due protagoniste, dalla periferia della metropoli alle case borghesi della centrale e turistica Kadıköy. Affrontare la questione curda, mettendo Nesrin e Hatun di fronte alla propria marginalità: Hatun, più portata alla mediazione, arriverà addirittura a una blanda negazione della propria natura proponendo a un potenziale datore di lavoro un’alternativa credibile: un’origine circassa. Del resto, la vediamo pregare in una chiesa del quartiere dove vorrebbe un giorno abitare, chiedere insieme la grazia - il salto di classe - e il perdono al suo Dio, perché non se la prenda troppo per un simile deragliamento.

C’è una grande capacità di osservazione in Dust Cloth (Toz bezi) opera prima di Ahu Öztürk: lo studio della società turca, della complessità delle sue divisioni interne - che mescola e frantuma fattori etnici, religiosi, di censo - accoglie la lezione di Nuri Bilge Ceylan, ma prende una strada che è solo propria. La classe media, i suoi sogni, i suoi dolori (Nesrin, abbandonata dal marito, si ritrova con la figlia piccola, al di sotto del livello di sopravvivenza, e cede alla disperazione), il miraggio di un lavoro non precario, sgombrato il campo dall’illusione della simpatia da parte dei datori di lavoro, trova un solo santuario: l’amicizia e la compassione tra donne che condividono lo stesso destino. Persino il pettegolezzo, la sera, dopo una giornata di lavoro – gli uomini pigri e inaffidabili, le signore dall’aspetto europeo capaci solo di dispensare consigli – assume allora la dignità di critica sociale. La quarta generazione di cineasti turchi, di cui Ahu Öztürk (un passato da documentarista) è a tutti gli effetti una rappresentante, si nutre di cinema della realtà. E non potrebbe fare altrimenti.

 

*giornalista e filmmaker

 

Toz Bezi (Dust Cloth) di Ahu Öztürk, La Turchia dei nostri giorni, ven 25 marzo, ore 17.00, Spazio Oberdan

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