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IL GESTO FEMMINISTA
di Cristina Piccino

Di cosa parliamo quando parliamo di donne?
In questi giorni ne abbiamo parlato moltissimo, abbiamo visto film girati da donne e film girati da uomini con protagoniste femminili, abbiamo sentito racconti che di sfide alla vita di tutti i giorni e di violenze "ordinarie"  sepolte nel quotidiano.  Ma basta questo a parlare di donne? L'altro giorno a Bari, nel corso del Festival che l'ha invitata a tenere  una masterclass, Margarethe von Trotta, protagonista insieme a Herzog, Wenders, Reitz, Fassbinder di quel Nuovo cinema tedesco che ha radicalmente mutato sul filo degli anni sessanta e settanta l'immaginario tedesco, ha dichiarato: «È stato molto difficile fare accettare alla  società tedesca la mia presenza di regista donna. Hanno cercato di ostacolarmi in ogni modo. Ricordo che ai tempi di L'onore perduto di Katharina Blum (1974) sui manifesti hanno messo solo il nome di Volker Schloendorff, e ancora oggi io figuro solo nei titoli stampati sulla pellicola». Questo peró non l'ha fermata e tantomeno dissuasa dalla sua passione, fare cinema e investigare il suo Paese, la Germania, attraverso storie e figure scomode, meglio se di donne. Per questo è diventata il riferimento del moderno femminismo cinematografico, le sue sono donne forti, che interrogano il pensiero e il mondo come Rosa Luxemburg, o le sorelle Ensslin, Gudrun e Christiane di Anni di piombo. E ancora la suora ribelle Hildegard von Bingen (Vision) o Hannah Arendt al centro di uno dei suoi film piú recenti.

Non sono femminista. Un'amica posta su fb questa frase commentando: «Non capisco perché oggi tante ragazze esordiscono cosí quando si parla di donne». Già. Perchè se non è questione di sessi (di gender) è certo però che essere donne professionalmente mette sempre un po' piú in difficoltà, lo ha gridato dal podio dell'Oscar Patricia Arquette, ce lo hanno detto diverse delle persone con cui abbiamo parlato, cineaste, critiche... Dunque?
C'è un libro da poco uscito per Derive Approdi (lo curano Ilaria Bussoni e Raffaella Perna) che si chiama Il gesto femminista, una bella raccolta di saggi e interventi su "La rivolta delle donne nel corpo, nel lavoro, nell'arte". In copertina una ragazza con le mani unite, indici e pollici, a simulare il sesso. Era il gesto scandito nei cortei degli anni Settanta, il gesto del movimento femminista, il gesto delle ragazze e delle donne adulte.
Scrive Bussoni: «Il gesto è stato creativo. All'altezza di una vita delle donne che a partire dal proprio sesso, dal genere e dal piacere diventava oggetto di creazione.
È davvero così inattuale oggi questo gesto? Irriverente, divertito, provocatorio, quel gesto è stato una dichiarazione radicale di rottura. Forse quel gesto con la sua ironia potrebbe ancora scompigliare il modo in cui si parla di donne».