NERO SU BIANCO <br> 3 DOMANDE A GIOVANNI CODA

NERO SU BIANCO
3 DOMANDE A GIOVANNI CODA

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Il regista de Il rosa nudo racconta il suo film nel concorso documentari, con cui ricorda la persecuzione nazista contro gli omosessuali

 

Fotografo e regista, il cagliaritano Giovanni Coda con Il rosa nudo riapre un capitolo oscuro del XX secolo che, a partire dall'autobiografia di Pierre Seel, deportato nel campo di concentramento di Schirmeck nel 1941, racconta la persecuzione nazista contro gli omosessuali. Una narrazione potente e cruda sostenuta da efficaci materiali audio di repertorio.

 

Il rosa nudo nasce come una regia teatrale, perché ha deciso di farne un film?

Già sul palcoscenico alla danza e alla recitazione si combinava una componente visiva, 36 ritratti fotografici che ho realizzato a Barcellona. Il documentario è il risultato di questo percorso multimediale.

 

Come ha lavorato con gli attori?

Non conoscevano il testo e non c'era un copione da seguire. I quadri delle scene erano stati definiti ma ho lasciato ampio spazio all'improvvisazione. Volevo un effetto naturale, più simile a una performance.

 

La location ha quasi un ruolo narrativo...

Non abbiamo ricostruito niente, cercavouno spazio neutro che evocasse la decadenza dei valori.Per esprimere un sentimento di abbandono abbiamo girato nell'ex cartiera di Sant'Elena, una struttura dell'800, e nel poligono di tiro militare di Siliqua, in Sardegna.

 

Concorso Doc, Sabato 21, ore 20.45, Scatola Magica

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