LA REALTÀ <br>NON È UNA PRIGIONE

LA REALTÀ
NON È UNA PRIGIONE

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Di qua o di là? Documentario o finzione? È una questione su cui mi sto interrogando proprio in questi giorni che registrano l’ultima fase del laboratorio sul documentario che ho tenuto a Napoli con Alessandro Rossetto e Bruno Oliviero. Due mesi e mezzo di lavoro con 15 ragazzi, tra cui tre stranieri, di tutte le provenienze: qualcuno ha studiato arti visive, altri comunicazione, altri ancora vengono dal cinema istituzionale. Ora sono tutti in sala di montaggio alle prese con i lavori che hanno scritto e girato. È stato molto divertente aiutarli a trovare il loro modo di raccontare, lungo un percorso alla scoperta di se stessi e delle proprie possibilità. Anche vincendo le idee precostituite  sul documentario che avevano e che stanno rivedendo.

 

Mi piace molto il documentario, perché si interroga sul reale e sul modo di raccontarlo, anche se non lo pratico da un po’. A un certo punto ho sentito che con i mezzi di cui disponevo non riuscivo più a cogliere tutto quello che la realtà mi presentava e a restituirlo nei film. Tornerò a fare documentari? Chissà.

Ora sto lavorando a una sceneggiatura per un film di finzione, ma si tratta di una scrittura che parte dall’osservazione della realtà. Il problema più grande con cui mi sto confrontando è quello di trovare il modo di vedere la realtà come fonte infinita di drammaturgia e narrazione e non come prigione. E sono arrivato alla conclusione che questo si ottiene solo mettendosi nella giusta posizione. Che tu giri un documentario o un film di finzione. Ed è quello che ti permette di raccontare i grandi eventi della storia o la giornata di un ragazzo qualunque.

 

In questo momento io ho più desiderio di esprimermi nella finzione, ma non perdo di vista quello che è successo al documentario negli ultimi vent’anni, il fatto che interagendo con il reale abbia saputo continuare a interrogare le forme di scrittura, rimettendo spesso tutto in discussione. Ci sono state molte scoperte negli ultimi tempi. Su Youtube trovi autoracconti fatti con il telefonino che sono molto interessanti. Il documentario deve tenere conto della possibilità di produrre immagini con grande facilità e deve accettare l’evoluzione del linguaggio che questo comporta.

 

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