B-SPAGHI

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Un'ora avanti alla mezzanotte. Un esperimento. Serata chiusa, Yann Gonzalez, regista, giurato, vincitore un anno fa del MFF con il pluripremiato Les rencontres d’après minuit  dirige la notte. Venerdì è in zona Brera. Appuntamento a casa di uno dei direttori artistici, pastasciutta (ma solo dopo la proiezione, grande fame), schermo srotolato in salotto e sigarette in terrazza con vista sul cortile. Attico in pieno centro. L'idea è a metà tra l'omaggio, la lezione, la spiegazione, il ritrovino esclusivo a numero chiuso. Qualche spettatore iscritto e i soliti noti. La sfida rischia di trasformare Gonzalez in una pallida imitazione di Tarantino a Venezia che ci insegna ad amare i nostri anni '70 poliziotteschi. Serie B. Il «che cosa è entrato del cinema italiano nei tuoi film» rischia l'oscena ripetizione. La banalità del (fatto) male su pellicola. Tutti a pensar storto, a sospettare il complotto, ma non ce n'è. Gonzalez è in stato di grazia. Sigle, spezzoni, musiche. Un pentolone che profuma di Ornella Vanoni, Lamberto e Mario Bava, crudeltà, malinconia, «barbarismo» di Dario Argento. Tutto è Profondo rosso, siamo a Cena col vampiro. Tra l'altro Gonzalez  suona come un cognome spagnolo, Yann però e francese. «Il cinema è meglio di un'orgia, i miei eroi vengono dall'Italia povera ma bella degli schermi vecchi di quarant'anni». Complimenti da Oltralpe, e come spesso capita ci piacciono. Anche se delle orge di citazioni, il maestro rimane americano col cognome un poco italiano. Tarantino.

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