NO HOME MOVIE

NO HOME MOVIE
di

Nella sua costante attenzione al cinema in fieri e al racconto della realtà, Filmmaker si presenta al suo trentacinquesimo appuntamento con una rassegna di titoli tanto attesi quanto rappresentativi dello spirito del Festival. Una vocazione di cinema per il cinema di cui ci ha parlato il direttore Luca Mosso in questa intervista

 

«A fronte del fatto che sia più facile farlo, non è diventato meno difficile pensare e realizzare un film». Se l’abbassarsi delle barriere tecnologiche ha potuto dare a molti una nuova dimestichezza con la produzione cinematografica, le difficoltà nel trasformare un’idea in progetto concreto, però, rimangono. Con il direttore Luca Mosso, abbiamo parlato degli obiettivi del festival e degli appuntamenti imperdibili di questa edizione.

 

Filmmaker giunge quest’anno alla sua trentacinquesima edizione, portando avanti la sua vocazione per il documentario. Credi che ci troviamo di fronte a un rinnovato interesse nel raccontare il reale?

In Italia si parla periodicamente di ritorno alla realtà o neo-neorealismo. Basti pensare all’impatto di Gomorra, raro caso editoriale italiano che unisce bestseller e blockbuster, divenuto ormai uno spartiacque nell’unire reportage, romanzo e finzione. Più in generale, l’attenzione all’inchiesta, all’indagine e al documentario hanno trovato nuova spinta negli ultimi quindici anni, con punto di inizio l’11 settembre. Filmmaker si colloca in questa scia di interesse documentaristico con un punto di vista originale. Cerchiamo un documentario non tanto di informazione politica o giornalistica, ma un documentario d’autore che ha bisogno di un confronto concreto con la realtà più che di fatti eclatanti.

 

La retrospettiva di quest’anno sarà dedicata alla produzione di Daniele Incalcaterra. Per Filmmaker, che è stato definito un festival-laboratorio, quanto conta una sezione come questa?

Le retrospettive di Filmmaker sono dedicate a un maestro del documentario e costruite pensando a un autore ancora attivo, dal percorso consolidato. Non facciamo riferimento a grandi del passato, perché fondamentale per noi è avere l’autore a Milano. Da questa premessa vogliamo far nascere momenti di confronto con i registi più giovani e gli spettatori. È qui che si ritrova la vocazione di Filmmaker: mostrare film affinché se ne realizzino di nuovi.

 

Il film di apertura sarà Arabian Nights, di Miguel Gomes, che circuiterà in Italia con la distribuzione Milano Film Network. Cosa rappresenta per Filmmaker la scelta di questo film?

È nello spirito di un festival come Filmmaker cercare di capire quali film meritino di essere portati all’attenzione del pubblico, cogliendo le potenzialità che il mercato sottovaluta. Da un paio di anni abbiamo deciso di seguire, con MFN, la distribuzione di alcuni di essi, come L’impenetrabile di Incalcaterra in concorso a Filmmaker nel 2012. Con Arabian Nights abbiamo scelto di giocare di anticipo. Presentato a Cannes, è un titolo che ci è interessato sin da subito per il modo in cui racconta la realtà. Il ritratto di un Portogallo immerso nella crisi degli ultimi anni è rielaborato in modo originale, unendosi all’espediente narrativo per eccellenza, quello de Le mille e una notte. Il cinema che interessa a Filmmaker deve avere un’idea, un punto di vista sulla realtà che siano in grado di trasformarla. Facce di festa di Paolo Rosa per esempio, che riproponiamo proprio quest’anno, è un film in cui la semplice meccanica di una macchina da presa in una casa durante una festa, acquista significato grazie a riferimenti precisi e a un meccanismo di riproduzione rigoroso. La realtà diventa racconto, ma non per la semplice presenza fisica dell’obiettivo.

 

Anche Antonia di Ferdinando Cito Filomarino, ultimo film della rassegna, può dirci qualcosa di più sull’identità di Filmmaker.

Il film di Ferdinando Cito è un film di finzione, con un attrice, Linda Caridi, nei panni della Pozzi. È il ritratto di una giovane poetessa realizzato da un regista esordiente che può condividere con il suo personaggio tutte le incertezze di un’età di passaggio. Cito mostra quanto sia difficile mettersi a nudo, in modo intimo. Parla di una cosa che tutti i giovani artisti si trovano ad affrontare: l’essere indifesi di fronte a un mondo che vuoi raccontare a partire da te. E questa è una condizione che i filmmaker impegnati in progetti come InProgress o Atelier incontrano spesso. Anche per questo è il titolo giusto con cui chiudere il festival.

 

Programma alla mano, quali sono gli appuntamenti dei prossimi giorni che considereresti imperdibili?

Ci sono film, tra cui UPM, Sponde e Voglio dormire con te a cui posso sentirmi più vicino, avendo seguito da vicino gli autori nel corso di laboratori come Nutrimenti. Voglio dormire con te credo possa piacere molto, per il modo sofferto e credibile in cui racconta l’affettività contemporanea. Il festival è poi dedicato a Chantal Akerman, grande regista scomparsa qualche settimana fa e di cui presenteremo l’ultimo film, No Home Movie. È la storia della sua famiglia e del loro trasferimento in Belgio nel tentativo fallito di sfuggire alle persecuzioni naziste; su questo sfondo storico si inserisce il racconto più intimo di un rapporto madre e figlia molto forte.

Articoli recenti

Daily