IL PROSSIMO APPUNTAMENTO <br>CON LA REALTÀ

IL PROSSIMO APPUNTAMENTO
CON LA REALTÀ

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A Milano, mentre l’appuntamento con Filmmaker si rinnova come di consueto, una ragazza di quasi quindici anni entra, nel cuore della notte, in un appartamento anonimo, carica di borse in cui sono stati raccolti in fretta i suoi stracci e quelli della sua famiglia che la segue attraverso questa porta stretta e buia. C’è un lungo corridoio di fronte a lei. Manca il padre. A farne le veci, forse, il fratellino undicenne un po’ assonnato, un po’ violento e comunque molto sperso. Con loro c’è anche l’operatrice? La vediamo subito e con lei vediamo altri ospiti di questa casa? Dobbiamo capire subito che è una casa provvisoria per tutti? Chiedo a Mariangela. E facciamo congetture su cosa si chiederà «il pubblico», che cosa immaginerà e a quali domande dovremmo rispondere, e quando. E insieme a queste domande ce ne stiamo facendo tante altre sulla natura intima di questo momento di vita. Ne parlo con Mimmo e poi con Mariangela, a volte con Luca e altre volte con Pier, o con le due Silvie, o con Antonio e Gabriella e Bernardo. A volte tutti insieme in alcune riunioni, pensando a cosa ne potrà pensare Carlo. 

 

In questi giorni sto lavorando al mio nuovo progetto. Sto cercando risposte alle mie domande su questa quindicenne e soprattutto su quella che chiamiamo a volte Elisabetta, a volte Maya e che è l’operatrice responsabile di una di queste case che accolgono le persone in difficoltà a Milano. Quello che stiamo cercando sarà su di lei o su una come lei, non lo sappiamo ancora, e mentre cerchiamo, ci chiediamo quale sarà la forma di questo progetto. Siamo angosciati a volte dalle risposte stupide e stupite di alcune istituzioni preposte al finanziamento di opere di cinema. In fondo così in ritardo, quando in forma di risposta fanno domande del tipo: ma è un documentario o una finzione? O peggio, quando il fatto di essere io stato un documentarista viene rubricato tra le cose a mio sfavore, o comunque a detrimento della fiction che sto costruendo. Sono queste definizioni che ci angosciano, non il prossimo appuntamento con la realtà che potrebbe farci cambiare tutto il lavoro fatto fin ora.

 

A Milano, mentre l’appuntamento con Filmmaker si rinnova come ogni anno (e speriamo ancora per lungo tempo) ci si sente meno soli nella notte nella quale si attraversano le porte strette e buie della ricerca di forme per un cinema che sappia dialogare da pari a pari con gli spettatori. Strette e buie per l’attraversamento di quelle domande in forma di risposta, ormai senza senso, o comunque sensate solo all’interno della ricerca in cui ognuno di noi è impegnato. A volte mi sembra che se non ci fosse Filmmaker sarebbe molto difficile continuare, credere ancora che sia possibile cercare, senza angosce, ma nella gioia dell’incontro con le persone, singole e singolari, che compongono il pubblico e che ormai, anche grazie a Filmmaker, certe strane domande non se le fanno più. E sono invece aperti e disponibili come noi al rischio che tutto possa cambiare, guardano i film da svegli, attenti al loro proprio destino mentre sono davanti al mondo di qualcun altro, un film.

A Milano negli ultimi anni se ne sentono sempre meno di queste domande a segnare, grazie al lavoro di passo di Luca Mosso e dei suoi, una mutazione antropologica del pubblico, degli spettatori e spesso anche dei finanziatori. Un’isola felice? No. Solo un momento di accoglienza, provvisorio, che passa attraverso una porta stretta e buia, verso una possibile nuova vita, migliore o peggiore non importa, comunque più ricca di esperienze. 

 

L’anno che viene, con Mimmo, per nutrire il lavoro da fare con tutti gli altri, faremo un lungo lavoro di scavo in laboratori con operatori sociali e persone in cerca di agio, al confine tra teatro/documentario/cinema/ricerca sociale, intorno al tema dell’abitare sociale, e lo faremo a Milano. Mi piace pensare che se lo possiamo fare, qui, se abbiamo trovato ascolto, è anche grazie al lavoro che in questa città Filmmaker ha fatto sugli spettatori, rendendoli partecipi dei processi complessi della creazione, dei nuovi orizzonti dell’esistenza nel cinema. 

Torniamo così al lavoro, dopo aver vissuto con Luca e Cristina, Daniela e Alessandro, a casa loro, meno soli, più forti, attraversando il prossimo anno senza di loro, ma con il ricordo dei film che ci hanno proposto, e soprattutto della reazione che le persone hanno avuto di fronte a film che ancora insensatamente qualcuno definisce «difficili», e che qui, da loro, abbiamo ricevuto come la più semplice, magari complessa (EVVIVA!) e arricchente delle esperienze della nostra vita.

 

*regista

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