CUORI DI TENEBRA

CUORI DI TENEBRA
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Una coproduzione internazionale con Gael Garcìa Bernal - presentata fuori concorso al FCAAAL - recupera con efficacia l’epica di una narrazione classica senza rinunciare agli elementi del cinema “di genere” 

 

Un uomo esce dalla giungla e osserva i resti di un'abitazione distrutta dalle fiamme. Si aggira silenzioso nei campi coltivati, vestito modestamente e col viso coperto da un grande cappello. Raggiunge la proprietà di un anziano contadino e della figlia. Siede alla loro tavola, capisce che in quelle terre qualcosa di importante rischia di scomparire e presto ammette di essere lì per un motivo preciso. La minaccia - come spesso accade nei film presentati in questa edizione del festival - arriva da fuori (nel buio) e non conosce pietà: un gruppo di mercenari mandati a estorcere la firma di contratti di vendita e a distruggere le vite di persone incapaci di difendersi.

El ardor dell'argentino Pablo Fendrik non è un film d'avventura convenzionale. Gli elementi del genere ci sono tutti, però modulati con differenti modalità e ambizioni. Cinema d'autore dal respiro popolare o cinema popolare dal respiro autoriale? Forse non è la domanda più corretta. Sarebbe meglio interrogarsi sull'efficacia di tali modalità espressive e sulla rispettabilità delle relative ambizioni. Che cosa si ricorda della pellicola? Sicuramente la forza delle immagini, dall'apertura fino alla notevole scena nella nebbia prima del finale. Memorabili l'intensa interpretazione del divo Gael Garcìa Bernal e quella ispirata dell’attrice brasiliana Alice Braga (vista in City of God).

Il protagonista dal passato misterioso, la donna al tempo stesso fragile e risoluta, la presenza simbolica del giaguaro - a tratti insistita ma mai irrilevante - sono elementi che divertono il cinefilo meno snob. L'atmosfera creata nell’arco di poche sequenze è suggestiva.

L'autore si affida a un ritmo lento ma costante per mostrare l'inesorabile discesa agli inferi di due anime solitarie che presto imparano ad amarsi. Sul piano drammaturgico il film è impeccabile. Lo scioglimento conclusivo non ammette una speranza definitiva e l'atmosfera ricorda certi western crepuscolari degli anni Sessanta: i cattivi torneranno presto e la lotta per la giustizia e la libertà avrà di nuovo bisogno di quel silenzioso e tormentato eroe venuto dal nulla. Un'opera interessante e curiosa per molteplici aspetti, seppur difficile da collocare nel panorama del cinema latinoamericano e probabilmente proprio per questo presentata fuori concorso.

 

El ardor di Pablo Fendrik, oggi ore 19.00, Auditorium San Fedele

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