PRIGIONIERI DELLA TRADIZIONE

PRIGIONIERI DELLA TRADIZIONE
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Abbiamo intervistato l'attrice Hiam Abbass, al focus Identità Multiformi, curato da Maurizio De Bonis e Sergio Di Giorgi, con il suo esordio alla regia, Héritage

 

Hajar studia a Haifa, dove convive con un ragazzo inglese. Tornata a casa per partecipare al matrimonio della cugina, dovrà affrontare i pregiudizi della sua famiglia, contraria a questa relazione. Quando la salute del padre “patriarca­-padrone” peggiora, le tensioni all'interno del gruppo familiare esplodono, e Hajar è condotta oltre il punto di non ritorno. Hiam Abbass, l'attrice di La sposa siriana e Il giardino di limoni, firma regia e sceneggiatura di Héritage, la sua opera prima. Una storia corale di disgregazione, che svolge sotto la pressione della guerra tra Libano e Israele.

 

Héritage è un film autobiografico?

Non esattamente. Le impressioni, i volti e le memorie della mia infanzia sono amalgamate nella narrazione, ma nessun personaggio, o situazione, trova diretta corrispondenza nella realtà. Solo Hajar mi assomiglia tanto da poter sollecitare un dubbio autobiografico: entrambe abbiamo scelto l'indipendenza, anche se con motivazioni differenti.

 

Il film è ambientato nel passato, da allora cosa è cambiato, quale ruolo e quale considerazione hanno le donne di oggi?

Nulla è cambiato, anzi la situazione è peggiorata. Ma con Héritage ho cercato di ricostruire una complessità più ampia che non trattasse solo la questione femminile: il nucleo del film non ruota attorno allo scontro tra uomo e donna. Al centro ci sono la famiglia e la crisi identitaria della comunità araba. Una realtà in frantumi dove la tradizione ha il compito di tenere insieme i pezzi. Un sistema esasperato, una prigione.

 

Nel film la collaborazione tra arabi e israeliani è un tradimento, verso la famiglia e la comunità. Ci spiega il suo punto di vista?

È un dato di fatto. Per molti arabi scendere a patti con gli israeliani è inaccettabile. Ahmad, lo zio di Hajar, è un avvocato e deve confrontarsi con il sistema giuridico israeliano. Per inseguire le proprie ambizioni cerca l'appoggio di quest'istituzione... Io non lo dipingo come un traditore, anzi tradirebbe se stesso se non agisse così, eppure il giudizio della comunità è irrevocabile: è un infedele. Il singolo non ha spazio per realizzarsi in modo indipendente. L'eredità del titolo (Héritage) è proprio questo conflitto tra individuo e società, tra un presente che evolve e il rifiuto del cambiamento. Rinnegato generazione dopo generazione.

 

Perché ha scelto di interpretare Samira, l'antagonista di Hajar, un personaggio tanto lontano dalle sue solite posizioni?

Inizialmente non volevo recitare nel film. È stato il produttore a insistere, per dare più solidità al progetto. Le uniche figure femminili adatte erano Samira, la zia di Hajar, e Zeinab, la sorella, un personaggio che avevo già interpretato molte volte. Ho pensato che esplorare un carattere in antitesi con la mia personalità sarebbe stato divertente. Sono partita dal passato di Samira e ho cercato di comprendere le ragioni del suo atteggiamento negativo. Per quanto non abbia un aspetto bigotto, veste e parla come potrebbe fare un'israeliana o una donna occidentale, è ostile al cambiamento, alla modernità. Ho visto in lei un rimpianto, una sofferenza. Forse non accetta Hajar perché anche lei avrebbe scelto l'indipendenza, se avesse potuto.

 

Attrice e regista, quali difficoltà ha incontrato nell'ambiente del cinema?

Ho affrontato tantissimi ostacoli e non solo in campo lavorativo. Citare degli aneddoti sarebbe come minimizzare tutto il mio vissuto personale. Ogni scelta che ho preso, da quando ho lasciato la Galilea, è stata difficile e insieme espressione della mia individualità. Dai ruoli interpretati nei film all'uomo che ho sposato, dal Paese in cui ho scelto di vivere, alla nascita dei miei figli. Nessun aneddoto può restituire la complessità di questa storia. Non c'è stata barriera davanti alla quale mi sia mai fermata, fosse solo per prenderla in considerazione.

 

Come ha accolto la rielezione di Benjamin Netanyahu, premier per la quarta volta?

Credo che alla base di questa deriva nazionalista ci sia tanta paura. L'individuo non è più rappresentato dai grandi sistemi politici, in Israele come in Francia (dove vive Abbass ndr) e altrove. I partiti diffondono il terrore e criminalizzano le differenze, così da proporsi come garanti della sicurezza. Anche se siamo diversi e ci riteniamo nemici, il dialogo è l'unica soluzione. Dietro ogni terrorista, dietro ogni orribile leader politico, ci sono persone. Dobbiamo confrontarci come tali.

 

Héritage è stato distribuito in Israele?

No e nonostante i miei sforzi non sono ancora riuscita a capire perché.

 

Héritage di Hiam Abbass,

il Focus: L'Identità Multiforme ritorna mercoledì 25 allo Spazio Oberdan con To take a wife, ore 15, Self made, ore 18:30 e Seven days, ore 22:30

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