LA DENUNCIA DI LECH KOWALSKI: <br>IL CINEMA CONTRO IL FRACKING

LA DENUNCIA DI LECH KOWALSKI:
IL CINEMA CONTRO IL FRACKING

di

Per l’industria petrolifera è il prezzo da pagare per avere energia, ma sullo schermo la bugia salta agli occhi. Holy Field, Holy War, dell’autore cui Filmmaker dedica la retrospettiva, documenta il lato oscuro di una pratica estrattiva molto controversa

 

 

«Ho pensato a lungo ai motivi per cui si fa cinema oggi e se abbia ancora senso farlo. Viviamo in un’epoca in cui è molto difficile fare e credere nell’arte. In passato ci credevo profondamente, ero certo che l’arte che producevo mi sarebbe sopravvissuta. Ora il vero tema è quello della sopravvivenza del mondo» (da Camera Gun, a cura di Alessandro Stellino, Agenzia X). Così Lech Kowalski, il poeta dei sopravvissuti, il cantore degli ultimi, al ritorno, qualche anno fa, nel Paese di origine della sua famiglia, la Polonia, dove, sostiene, di aver incontrato dei veri eroi: «i piccoli coltivatori polacchi, gli ultimi punk».

Lech Kowalski, dopo aver raccontato molte lotte e altrettante ribellioni, ha deciso di realizzare una trilogia (Drill Baby Drill, Holy Field, Holy War, Frack Democracy) su un argomento molto specifico, quasi tecnico. Il fracking. E non è stato il solo cineasta a esserne stato attratto.

 

«Non sono un pessimista, ho sempre creduto che l’umanità non si lascerà gestire né dall’avidità né dall’odio, troverà una soluzione, senza distruggere le cose che ama». Queste le parole con cui Josh Fox iniziava il suo documentario del 2010, Gasland. Tre anni dopo, Gus Van Sant firmava Promised Land con Matt Damon nei panni di un procuratore di concessioni per la perforazione. Persino i Simpson in Opposites A-Frack (stagione 26, ep.5) sono alle prese con l’acqua infiammabile che sgorga dai rubinetti di casa. Film, documentari e cartoon che hanno al centro uno degli argomenti più controversi degli ultimi anni, il fracking o fratturazione idraulica. Ma facciamo un passo indietro.

 

Il progresso tecnologico è un dato di fatto nella realtà in cui viviamo, il lavoro che prima si faceva a mano, ora viene svolto dalle macchine. Qualsiasi processo produttivo si è trasformato per produrre quantità maggiori in minor tempo. Il culto della velocità omaggiato dal Futurismo, non si esaurisce mai. Lo stile di vita è diventato frenetico e richiede spostamenti veloci. Tutto ciò necessita di energia e questa si ricava dagli idrocarburi che il sottosuolo produce naturalmente. Il processo di fratturazione della roccia mineraria tramite pressione effettuata con fluidi idraulici ha lo scopo di stimolare e implementare la produzione di tali composti organici dal valore economico altissimo. Peccato che questo trucchetto per forzare e sollecitare un processo naturale abbia dimostrato di avere un considerevole darkside.

 

Il processo impiega oltre 596 prodotti chimici (inibitori di corrosione, addensanti additivi, biocidi, emulsionanti), mescolati a enormi quantità di acqua che vengono introdotti a 2500 metri sotto terra. Servono dai 4 ai 28 milioni di litri di acqua per ogni trivellazione e possono esserne fatte almeno 18 su ogni sito. Il risultato è paragonabile a un mini-sisma e solo una parte del liquido tossico ritorna in superficie, il resto rimane nel sottosuolo. Le conseguenze ambientali sono disastrose. Oltre al consumo di enormi quantità di acqua, le sostanze chimiche possono inquinare le falde acquifere sotterranee e il terreno più superficiale provocando morte e malattia.

 

Il fenomeno non riguarda solo gli Stati Uniti. In alcuni Paesi dell’Unione Europea il fracking resta una pratica vietata, in Francia e in Italia per esempio. In altri, così “fortunati” da disporre del gas di scisto (una roccia del sottosuolo), le grandi compagnie petrolifere internazionali, attrezzate per questo tipo di estrazione invece hanno già installato pozzi e campi base.

Questi i contesti documentati da Lech Kowalski nei tre capitoli della sua inchiesta sul fracking, ambientato ognuno in un Paese diverso, Romania, Polonia, Gran Bretagna, seguendo le vicende di tre comunità e della loro protesta ignorata e taciuta dagli Stati.


Holy Field, Holy War di Lech Kowalski, Retrospettiva, gio 4 dicembre, ore 19.30, Cinema Arcobaleno, sala 100

Articoli recenti

Daily