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MARIA ARENA: IL MIO INCONTRO CON IL REALE
di Maria Giovanna Cicciari

La regista di Gesù è morto per i peccati degli altri ci anticipa i contenuti della sua masterclass: manifestarsi, assorbire ciò che viene dall’esterno e metabolizzarlo è stata la sua strategia produttiva

Abbiamo intervistato Maria Arena, autrice di Gesù è morto per i peccati degli altri. La regista catanese terrà il 6 Luglio una masterclass al festival Mix dal titolo “Il racconto del reale e le strategie indipendenti”. Qui ci anticipa quali saranno i punti toccati dalla sua lezione intrecciando il racconto della realizzazione del suo ultimo film, il suo modo di procedere nel lavoro e l’importanza del confronto con i giovani che vogliono fare cinema del reale. 

Maria, partiamo dal titolo della Masterclass, ci dici brevemente di cosa tratterà?

La masterclass di domani è molto legata al mio ultimo film: il mio primo lungometraggio che ha richiesto un tempo di produzione lungo lungo e la necessità di attuare appunto delle “strategie” produttive.

Il racconto del reale dipende sempre dalla prospettiva in cui ci si pone. Non ho la pretesa di essere la persona più adatta a raccontare la realtà. Ho solo cercato una strada per l’incontro con il reale, e soprattutto con le persone. Deriva dalla mia formazione: ho studiato filosofia e ho una grossa passione per l’antropologia. Nonostante negli anni io abbia poi deciso di intraprendere la carriera di filmmaker e sia diventata una professionista nel campo della tecnica, non ho mai perso questo aspetto, così importante nei miei film. Il racconto del reale viene da un punto di vista che ha già una metodologia, io credo nella mediazione del regista. La strategia migliore è quella di manifestarsi, assorbire ciò che viene dall’esterno e in qualche modo metabolizzarlo. Il mio film è partito senza fondi grazie alla nostra intraprendenza, la mia e quella di Josella Porto, una follia forse, che però è stata ampiamente ripagata dal successo del film.

Possiamo definire la modalità usata per girare il tuo film come “cinema di strada”. Tu pensi che sia possibile insegnare questo modo di fare cinema?

Cinema di strada è una definizione che non conosco, ma forse è un modo per spiegare una certa modalità che si avvicina a quello che ho fatto. Io insegno da molto tempo, ho fatto molti workshop. Mi piace molto farlo ma non credo sia possibile insegnare un modo di fare cinema. Quello che si può passare agli studenti sono alcuni atteggiamenti di ascolto e attenzione verso la realtà. Per esempio una delle cose che faccio è quella di far fare delle riprese ai giovani facendoli “guardare” mentre stanno registrando, utilizzare le videocamere come modo di “osservare”. è una cosa che faccio anche io prima di girare il film, andare a “guardare” attraverso l’obiettivo. È importante educare allo sguardo, già da quando si è molto piccoli. E poi è importante entrare in relazione con gli altri e avere il coraggio di lasciarli liberi, con chi ti sta di fronte mentre fai un film ma anche con gli studenti. 

Parlerai di come ti prepari alle riprese di un film?

Io leggo molto, mi documento sulle cose che voglio filmare, e questo deriva dalla mia formazione. Ho bisogno di sapere tanto e nel frattempo anche dimenticarmi di tutto quello che ho letto e andare a filmare prendendo degli appunti visivi. È un materiale che non userò ma che mi serve per scrivere, per comprendere. è importante procedere così perché poi le due cose si incrociano e quello che ho letto dagli altri, torna sempre, in altra forma, in quello che ho filmato. Nel frattempo avviene la scrittura del film vero e proprio, che gioca soprattutto sul creare delle situazioni insieme ai personaggi.