Tra i corti del Concorso cortometraggi africani da non perdere oggi: L’homme au chien e Père. Due storie di solitudini nelle metropoli nordafricane
Tra cinema e realtà. Due cortometraggi - visibili oggi - mettono a fuoco storie di uomini soli nelle metropoli nordafricane senza rinunciare alla realistica denuncia del degrado attraverso un linguaggio cinematografico che tesse tracce di un presente concreto e immaggini efficacemente estetizzanti.
L'homme au chien di Kamal Lazraq racconta un uomo e il suo cane. Un'amicizia semplice, fatta di fiducia e routine. Una giornata come tutte le altre: la sveglia, la passeggiata, la spiaggia. Poi accade qualcosa di imprevisto e l'animale scompare nel nulla senza che nessuno l’abbia visto allontanarsi. L'incubo ha inizio e il peregrinare del protagonista per le strade di una Casablanca notturna, tra poliziotti e taxisti, sbandati e malavitosi, alla ricerca disperata del suo unico amico come fu per il personaggio Antonio Ricci con la bicicletta nel capolavoro di De Sica. Il modello neorealista è chiaro. Nel cortometraggio del marocchino Kamal Lazraq è la macchina da presa - insieme a un vicino di casa non del tutto disinteressato - ad accompagnare l'uomo nel suo vagare, avvalendosi della poetica zavattiniana del pedinamento e mostrando una evidente derivazione documentaristica. E non a caso il regista ha affermato di aver tratto il soggetto da avvenimenti realmente accaduti all'interprete protagonista, che come gli altri non è un attore di professione.
Quasi per caso, sullo sfondo, si racconta di un ambiente blindato come quello dei combattimenti clandestini, una pratica barbara che si nasconde dietro le mura di numerose città “civilizzate” - difficile dimenticare la Londra dei primi film di Guy Ritchie - o presunte tali. Un business evidentemente redditizio che non concede spazio al sentimento e non sopporta lo sguardo alienato e scostante del protagonista, nonostante i (non pochi) soldi che questi sarebbe disposto a pagare per riavere indietro il suo amato labrador. Infatti, presto risulta chiaro che una simile intrusione nel sistema non è contemplato e che la notte corre veloce.
Anche il cortometraggio Père di Lotfi Achour è una coproduzione francese. Di nuovo una metropoli nordafricana e un viaggio notturno. Hedi carica sul suo taxi una donna che sta per partorire e si dirige verso l'ospedale. Durante il lungo tragitto la incoraggia e ne condivide ansie e difficoltà. La consiglia nel delicato atto della respirazione e mette a frutto le conoscenze acquisite come padre di famiglia. A parto avvenuto, la giovane (sedotta e abbandonata?) lo indica come responsabile dell'accaduto. Tunisi si vede solo di sfuggita, attraverso i finestrini dell'auto, oppure sullo sfondo del vicolo in cui i due si incontrano di nuovo qualche giorno più tardi, e proprio per questo è forte la sensazione di isolamento dei due personaggi nell'ambiente urbano. Il tono della prima parte sfiora il bozzetto, ma nella seconda torniamo all'immagine del sogno a occhi aperti. Per un attimo il rimando è quasi kafkiano, soprattutto se si considera che le scelte all'origine dello sviluppo narrativo reagiscono a un contesto sociale rigido e a un sistema burocratico estremamente respingente. Come L'homme au chien, anche il cortometraggio del tunisino Lotfi Achour affida al silenzio della scena finale tutto il disagio di una generazione che non disdegna i piccoli drammi cinematografici d’influenza europea ma allo stesso tempo è attenta al presente tangibile della propria patria.
L'homme au chien di Kamal Lazraq, Concorso Cortometraggi africani, mer 6, ore 15.00, Auditorium San Fedele
Père di Lotfi Achour, Concorso Cortometraggi africani, mer 6, ore 21.15, Spazio Oberdan; gio 7, ore 16.45, Auditorium San Fedele
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