TUNISI VIOLENTA

TUNISI VIOLENTA
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Premiato come Miglior Film Africano: il disturbante Le Challat de Tunis. La regista Kaouther Ben Hania mostra donne magrebine seviziate dagli Challats, uomini dalle convinzioni anti-femminili e fautori di violenza atroce

 

Dalle immagini iniziali sembra quasi di assistere a un film poliziottesco con protagonista Maurizio Merli o Tomas Milian nelle varie Roma e Napoli violente degli anni Settanta, per cruda violenza e stile di riprese. E invece tutto ciò è inquietantemente reale e si svolge lungo le vie dell’odierna Tunisi. O meglio inquietantemente quasi reale. Il film infatti è un mockumentary, un finto documentario. 

Un uomo a cavallo della sua motocicletta e attrezzato di rasoio (“challat” in arabo) fa scempio delle terga di giovani donne. Già prima della Tunisia c’erano stati diversi casi anche in Egitto e Siria, tanto da rendere questi carnefici un fenomeno mediatico - e in certi casi perfino di ammirazione - per gli uomini, e un terrore in agguato dietro ogni angolo per le donne.

 

Ben Hania alterna in maniera spiazzante documentario e fiction. Inizia a indagare su chi possa essere l’effettivo “Challat” di Tunisi. Tra interviste e dichiarazioni, la regista indice un casting per scovare questo personaggio violento e brutale. Durante l’audizione compare Jalel, un ragazzo di 21 anni, che si proclama proprio come il famoso aguzzino tunisino. La regista, dopo un iniziale scetticismo, inizia un pedinamento neorealistico dietro di lui, per carpire e analizzare ogni singolo rapporto che ha con le donne (sua madre compresa).

 

Quasi come una detective, Ben Hania traccia una storia tristemente reale sfumando sul complicato rapporto che i paesi di stampo islamico hanno nei confronti della donna. Gli uomini intervistati dalla regista elogiano le gesta macabre dello Challat, affermando che le donne seviziate sono state punite per il loro abbigliamento provocante. Dall’altro capo, però, troviamo proprio le stesse donne coinvolte nei fatti, che raccontano alla telecamera tutta la loro frustrazione e la rabbia sia sul pensiero maschilista del loro paese che sulla forze dell’ordine ostinate solo sul ritrovamento di un qualsiasi capro espiatorio per non condannare mai il comportamento feroce di tanti maschi.

Il tutto viene incorniciato dalla creazione di un incredibile videogioco dedicato proprio allo Challat e creato da un estimatore del motociclista armato di rasoio. Un’ennesima umiliazione per le donne. Ben Hania e le stesse vittime si fanno degne portavoci di questa realtà drammatica, uscendone con dignità e ogni tanto anche alzando le mani nel vero senso della parola, come una delle signore che inveisce contro il creatore del videogioco: «Schermo o non schermo tu indottrini i ragazzi a esercitare violenza sulle donne! Dovrebbe essere illegale, sia per gli adulti che per i bambini!». 

 

Una traccia di cinema potente sulla condizione delle donne nel mondo arabo.

 

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