Gesù è morto per i peccati degli altri, l'opera prima di Maria Arena è al festival nella sezione Sguardi Incrociati. Abbiamo intervistato la regista alla vigilia della proiezione del film che si terrà domani allo Spazio Oberdan
La camera di Maria Arena si avvicina a San Berillo dall'alto, con una discesa lenta e parallela agli edifici. Lì in quell'intricato dedalo di vie e abitazioni fatiscenti ci sono piccole porte chiuse a chiave, con finestrelle sbarrate e sedie di plastica appena fuori dall'uscio. Siamo nel regno di Franchina, Meri, Marcella, Alessia, Wonder, Santo e Totino, sette prostitute, trans o travestiti, che vivono e lavorano nel quartiere da molti anni. Fuori campo il riadattamento attualizzato di parte dell'opera teatrale La ballata di San Berillo di Salvatore Zinna. Gesù è morto per i peccati degli altri inizia così, con un'introduzione potente e suggestiva che ci racconta una manovra sporca, iniziata con lo sventramento coatto degli anni '50 e finita in degrado e abbandono. Tra speculazione, progetti di recupero e sfratti. Le protagoniste del film sono tra le poche rimaste nel quartiere a difendere quel piccolo angolo di mondo in rovina.
Abbiamo intervistato Maria Arena, partita per San Berillo sulle tracce di Goliarda Sapienza senza immaginare che il quartiere dove nacque la scrittrice le avrebbe affidato un'altra storia. Una trama da scoprire giorno per giorno, da svolgere con pazienza e discrezione, per arrivare a cogliere la dignità e la bellezza di queste sette peccatrici, impenitenti e senza pudore.
Ci racconta la sua prima visita a San berillo?
Dopo aver letto L'arte della gioia mi sono appassionata alle opere e alla vita di Goliarda Sapienza. Romanticamente volevo cercare la casa dove era nata, a San Berillo in via Pistone 20. Ma invece di una targhetta sul muro dell'abitazione, ho trovato il suo nuovo inquilino. Un trans che vive e lavora lì da circa 40 anni. Quel giorno, ormai cinque anni fa, è stato lui ad accompagnarmi in giro per il quartiere. Un posto che non avevo mai frequentato prima, nonostante abbia vissuto a Catania fino ai 18 anni.
Cosa è scattato in lei?
Dopo aver conosciuto il quartiere mi sono posta molte domande. È un luogo fatiscente e povero, eppure pregno di un'umanità molto particolare. Mi ha portato a riflettere su discriminazione gay e prostituzione, ma anche sulla carità. È diventato importante far conoscere queste storie ad altri, a chi come me avrebbe potuto porsi gli stessi interrogativi.
Come si è avvicinata alle protagoniste?
Prima di scrivere il soggetto ho trascorso due anni nel quartiere. Passeggiavo con una piccola camera a mano per riprendere dei video appunti. All'inizio nessuna di loro partecipava con fiducia al progetto. Così ho deciso di realizzare un montaggio del primo girato, 10 minuti in tutto, per mostrare quale era il mio approccio al racconto. Grazie a questa piccola anteprima hanno capito che non cercavo di “entrare nelle loro stanze”, ma nelle loro vite, a prescindere dal mestiere, e si sono lasciate coinvolgere.
L'elemento religioso è molto importante nella narrazione.
Assolutamente. Gesù è morto per i peccati degli altri racconta proprio questa apparente contraddizione... È possibile che le puttane di San Berillo siano devote? Si. Franchina (autrice del libro Davanti alla porta su trent'anni di lavoro a S.B.), Meri, Marcella, Alessia, Wonder, Santo e Totino sono credenti e praticanti, legate alle tradizioni popolari e alla parola del Vangelo. Radici antiche come il quartiere che rivendicano, rifugio, identità e comprensione.
Quali sono state le fasi produttive del film?
Ho scritto il soggetto con Josella Porto. La prima casa di produzione lo ha proposto ai bandi del Ministero, ma non abbiamo vinto, siamo stati tra i primi esclusi. La loro idea era di rinnovare il contratto per cercare nuovamente dei finanziamenti pubblici. Si trattava di attendere da sei mesi a un anno. Ma noi abbiamo deciso di non posticipare l'inizio delle riprese. Avevo stretto dei rapporti molto forti con le protagoniste e nell'arco di quel periodo tutto sarebbe potuto cambiare. Così ci siamo avventurate nell'autoproduzione. In seguito abbiamo trovato nuovo sostegno con Invisibile Film, produzione, e Berta Film, distribuzione.
E poi?
Ho abbandonato la telecamerina con cui avevo preso i primi videoappunti e formato una troupe di professionisti. Un team contenuto, adatto al contesto. Non volevamo essere troppo invadenti o poco versatili. Sono stata contentissima di lavorare con Fabrizio La Palombara, direttore della fotografia. La sua camera a mano è straordinaria. Abbiamo girato in tre momenti dell'anno differenti, dal luglio 2012 all'aprile 2013, per un totale di circa tre settimane.
Momenti particolari, giusto?
Si. La narrazione segue il calendario delle festività religiose ed è divisa in tre capitoli: la Madonna del Carmelo, S. Agata, e Pasqua. Fin dall'inizio avevo deciso che ogni periodo di shooting avrebbe conciso con queste ricorrenze. Volevo giocare sulla ripetizione delle situazioni e raccontare un aspetto fondamentale della vita delle protagoniste.
Il film è stato proiettato in anteprima al cinema King di Catania, come è stato accolto?
Era il 23 febbraio e abbiamo riempito la sala per due spettacoli consecutivi. C'erano tutte: Franchina, Meri, Marcella, Alessia, Wonder, Santo e Totino. Ho dato loro il microfono, è stato molto emozionante. Qualcosa sta cambiando nel quartiere, sono tanti i cittadini attivi che vogliono avere voce in capitolo e dialogare con le istituzioni per proteggere San Berillo. Ci auguriamo che anche il comune cambi presto atteggiamento e inizi a considerare le persone, non solo l'urbanistica.
Gesù è morto per i peccati degli altri, sab 28 ore 19.00, Spazio Oberdan