IL TEMPO DELL’AFFETTO

IL TEMPO DELL’AFFETTO
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Vedo per la prima volta un film di Chantal Akerman, regista belga vissuta a New York, di famiglia ebraico-polacca, figlia di una sopravvissuta ad Auschwitz e con una voce da gran fumatrice, e percepisco forti due cose: l'intensità dei sentimenti e il vivere di questi nel tempo. Le prime parole che salgono alla mia coscienza sono tempo e affetto. Il legame tra i due è forte, nella mia esperienza quotidiana, e credo anche in quella di altri, oggi. Sembrano, tempo e affetto, i due pesi dell'ascensore: sale uno e scende l'altro. Mi spiego: il tempo è la moneta con la quale misuriamo l'amore che siamo disposti a dare. Spesso crediamo che più ore dedichiamo a figli, genitori e compagni più li amiamo, ma non è necessariamente così. Per questo, sentire una conversazione su Skype in cui la madre della regista dice nel film No Home Movie: «Vai, non voglio distrarti dai tuoi impegni, non devi spiegarmi perché non puoi parlare ora..» è una ventata di energia nuova, che non ci si aspetterebbe da una donna anziana. La profondità di un rapporto che è stato sempre forte e non nascosto, in cui si possono dire l'amore e la stima. Le inquadrature lunghissime sono la rappresentazione in film di quella capacità di stare, sostare, ascoltare, guardare, attendere, soffermarsi sui dettagli che ci permette di conoscere realmente una persona, entrare nella sua anima. Durante una conversazione apparentemente casuale madre e figlia discutono del V comandamento: "Onora e rispetta il padre e la madre". Non si può comandare l'amore, la Bibbia lo sa. Chiede "solo" il rispetto, e il dare onore. L'amore è un di più, che c'è o non c'è, che non si può imporre, nemmeno tra madre e figlia; ma proprio per questa ragione quando c'è commuove, come nella conversazione Skype che non riesce a finire, o nell'ultimo amorevole sguardo all'ingresso di casa, in cui l'assenza della madre si rivela gradualmente, e lascia vuoti ma quieti.

 

* Miriam Camerini, regista teatrale nata a Gerusalemme e cresciuta a Milano, ha studiato canto e recitazione. Indaga da anni l'intricato rapporto fra cultura ebraica e teatro, rappresentazione e interpretazione, studio e regia. Ha lavorato a lungo sul tema del "femminile" nella tradizione ebraica, in particolare nel testo biblico. Sta lavorando alla costruzione di un teatro ebraico a Milano, luogo di spettacolo, arte, incontro e conoscenza.

 

L’omaggio alla regista belga Chantal Akerman, icona-simbolo di Sguardi Altrove XXIII, si conclude domani con il film Jeanne Dielman, ven 25 mar, ore 19.00, Spazio Oberdan

 

La foto di Miriam Camerini è di Luca Piva

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