SERVIREBBE UN FILMMAKER <br>CHE DURI TUTTO L'ANNO

SERVIREBBE UN FILMMAKER
CHE DURI TUTTO L'ANNO

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Per Martina Parenti e Massimo D'Anolfi, quella di giurato è una condizione privilegiata. Troppo poche sono le possibilità offerte dal mercato di vedere buoni film. E gli spazi dedicati restano una chimera

 

 

Coppia nel lavoro e nella vita. Con i loro documentari - Grandi speranze, Il castello, Materia oscura (nella foto) - hanno vinto svariati premi nei festival di mezzo mondo: Locarno, Torino, Hot Docs di Toronto, Festival dei Popoli di Firenze, Seul, Los Angeles e Filmmaker. Oggi li ritroviamo a al festival che li ha premiati nel 2007 per I promessi sposi, ma questa volta  in qualità di giurati per la sezione Concorso Internazionale.

 

Aspettative per questa edizione?

Come giurati non ci vogliamo sbilanciare troppo…Questa di Filmmaker è la nostra seconda esperienza in questo ruolo. Abbiamo rotto il ghiaccio la scorsa primavera a Visions du Réel di Nyon (Svizzera) per la categoria Regard Neuf. Abbiamo trascorso nove stimolanti giorni, vedendo in media cinque o sei film al giorno, una bella esperienza e siamo sicuri che la selezione di Filmmaker abbia fatto molto per regalare altri stimoli in più.

 

Come affrontate il compito?

Martina Parenti: La cosa veramente interessante dell’essere giurato non è tanto il fatto di scegliere e votare (cosa che tutti pensano), ma quello di vedere film belli che non escono normalmente nelle sale. Una condizione privilegiata anche per questo.

Massimo D’Anolfi: Non mi piace molto la condizione di dover giudicare un’opera, piuttosto trovo fantastico vedere i film e poterli condividere. Insomma, sono giorni intensi. Ed è bello.

 

Il vostro ultimo lavoro, Materia Oscura, è stato definito da alcuni critici «il più bel film del 2013» e presentato alla 63ª Berlinale. Ma ha avuto poca visibilità… 

M.D’A.: In realtà è stato trasmesso da Rai 5 a maggio di quest’anno, totalizzando dei buoni dati di ascolto, circa 100mila persone l’hanno visto. Un dato importante e in Rai sono molto contenti. Infatti Paola Malanga (responsabile della Produzione documentaristica e vice direttore di Rai 5), che ha finanziato Materia Oscura, ha deciso di replicarlo a novembre. La nostra nuova teoria è questa: se un film esce in sala vuol dire che è brutto. Se un nostro film viene distribuito al cinema vuol dire veramente che lo abbiamo fatto male.  

M.P.: La nostra è una teoria. Per esempio, abbiamo visto Frances Ha (di Noah Baumbach, ndr), che, secondo tutti, doveva essere un film meraviglioso, e invece… Diciamo pure che il nostro film non ha avuto nessuna distribuzione. Ma il grande problema è con gli esercenti. C’è una grande difficoltà nel vedere film al cinema. Se escludi Filmmaker (che durante la scorsa edizione ha proiettato per cinque giorni il nostro film), Spazio Oberdan e il Museo del Cinema, in tutta Milano ci saranno tre o quattro film che vale la pena andare a vedere. Filmmaker, inoltre, ci ha dato un grosso sostegno anche per Il Castello (2011).

 

Il problema della distribuzione e degli esercenti è presente anche all’estero secondo voi?

M.D’A.: Sicuramente meglio dell’Italia, ma sì, purtroppo è così anche all’estero. In America, in Francia, in Germania le cose non vanno meglio che in Italia. I festival - Copenaghen, Rotterdam, Hot Docs, Venezia - che selezionano documentari quasi mai poi distribuiti nel circuito cinematografico - potrebbero tranquillamente coprire un intero anno di programmazione nelle sale. 

M.P.: Sarebbe bello avere un Filmmaker tutto l’anno, nel senso delle visioni. È difficile vedere quello che c’è in giro per il mondo. In una città come Milano sarebbe interessante avere uno spazio dedicato a un certo tipo di cinema che di solito non passa nella rete di distribuzione comune.

 

La vostra opinione sulla vittoria di Sacro GRA l’anno scorso a Venezia?

M.D’A.: A me non è piaciuto, però non conosco Gianfranco Rosi. È naturale che un film che esca vincitore a Venezia venga distribuito. Bene per Rosi. Come qualsiasi altro film che abbia vinto il Leone d’oro può piacere o no: questione di gusti personali.

M.P.: Sacro GRA è uscito dalla Mostra del Cinema ma non è che abbia riportato il documentario in auge. Ormai la categoria doc viene inserita in qualunque concorso ufficiale dei festival (come Torino a esempio), ma se parli con le persone comuni il documentario viene automaticamente associato allo stile di National Geographic, con animali esotici e tutto il resto. 

 

I vostri progetti futuri?

Stiamo realizzando un altro documentario. Siamo sempre alla ricerca di lavori nuovi. I film vecchi non portano ricchezza, quindi dobbiamo sempre cercare di produrre qualcosa di nuovo: non guadagni dai film già fatti, ma guadagni sulla prevendita dei diritti. 

 

Che argomento tratterete questa volta?

Top secret, non è ancora molto chiaro e preferiamo non anticipare nulla.

 

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