LA MORTE TI FA BELLA

LA MORTE TI FA BELLA
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Botox o non botox, questo è il dilemma. La donna feticcio che Frédéric Doazan deumanizza in Supervenus, miglior cortometraggio di animazione, incarna la risposta. Il regista parigino taglia, riempie, aspira e gonfia. Modella un corpo femminile secondo il canone di bellezza mediatico, ma come in Frankestein di Mary Shelley, qualcosa va storto e le intenzioni non corrispondono alle attese. Il risultato fa orrore. 

 

Sulle scale del sagrato dello Strehler, tra un raggio di sole accecante e un pettegolezzo su Beyoncé, Doazan ci ha raccontato la sua visione quasi splatter della donna moderna.

 

In Supervenus dipingi di rosa il cervello della tua modella. Perché?

È un cliché. Fin da bambini, i vestiti, i giochi e anche i libri sono divisi per colore. Azzurro per i maschi e rosa per le femmine, non ci sono molte alternative. Nello stesso modo i media manipolano il nostro pensiero, la donna è educata per diventare una sorta di principessa passiva. Una pressione psicologica che ho tradotto così.

 

Pensi che siano solo le donne a essere ossessionate dall'apparenza esteriore?

No, anche gli uomini hanno la stessa mania, ma si rivolgono alla chirurgia estetica in misura minore. Ora che mi ci fai pensare non sarebbe male un sequel in cui a essere modificato è il corpo maschile, un mister muscolo tutto pene e niente cervello [ride].

 

Come ti sei avvicinato a questo tema?

Per caso. Fa parte di un progetto di animazione a episodi che sto sviluppando con altri due registi. Per iniziare abbiamo deciso di ispirarci a Supervixens, un film degli anni '70 che ha per protagonista una donna dal seno enorme. Volevo dare al corto un taglio trash, provocare il pubblico e costringerlo a reagire, così ho digitato su internet “chirurgia estetica horror”...

 

Quale è la tua idea di bellezza?

Ovviamente anche io sono attratto da Beyoncé, è stupenda, ma è un coinvolgimento fine a se stesso. Posso provare un sentimento più forte e immediato davanti a una ragazza che lascia trasparire quel che ha dentro, non sotto i vestiti, parlo del carattere, della sua filosofia personale. A Parigi si chiama charme, e non è definibile da un canone.

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