IL SILENZIO DI UN'ESPLOSIONE

IL SILENZIO DI UN'ESPLOSIONE
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Incontriamo Alina Marazzi a poche ore dall'apertura di Sogni Capovolti, installazione che inaugura il festival Invideo. L'opera ricorda gli orrori insabbiati della strage di Brescia del 1974, prendendo spunto da "Il sogno di una cosa", lavoro teatrale di cui la regista milanese è tra gli autori

 

Piazza della Loggia a rovescio in Sogni Capovolti di Martina Rocchi e Alessandro Mascia, videoinstallazione che apre Invideo, mostra internazionale di cinema e oltre. Il set è in allestimento: nel buio della stanza quattro proiettori riflettono filmini super 8 degli anni 60 e 70 su degli ombrelli grigi che pendono dal soffitto, capovolti. “Non abbiamo voluto mostrare l’esplosione dell’ordigno, ma porre l’accento sugli attimi immediatamente successivi allo scoppiare della bomba. I momenti prima della strage sono sottolineati dal crescere costante del sottofondo musicale, ma nell’istante della detonazione l’audio cessa, a rappresentare il concetto della bomba come perdita. In quell’attimo privo di rumore la trama delle persone in piazza venne spezzata violentemente, ma le immagini di quegli attimi testimoniano come si instaurò da subito la volontà di ricostruire e di ricostruirsi, nel formarsi di cordoni e gruppi di persone che si tengono uniti per mano” racconta l’autrice Martina Rocchi. Sogni capovolti si ispira allo spettacolo teatrale Il Sogno di una cosa, opera lirica di cui la regista milanese Alina Marazzi(Vogliamo anche le rose, Tutto parla di te) ha realizzato la regia video, che sarà in scena al Piccolo dal 6 al 9 novembre. Le chiediamo di raccontarci il lavoro alle spalle dell’installazione e dello spettacolo teatrale.

 

In entrambi i lavori si parla della strage di Piazza della Loggia a Brescia, e la necessità di una memoria al presente. Quale è la relazione tra le due opere?

Hanno un percorso parallelo: ho collaborato con Martina per realizzare alcune riprese, e lei si è inserita nel lavoro di ricerca delle immagini per lo spettacolo. Il mio lavoro sul video si intreccia a quello musicale del compositore Mauro Montalbetti e a quello più specificamente drammaturgico di Marco Baliani. Lo spettacolo non è teatro di denuncia, non abbiamo voluto dare risposte ma allargare il concetto del male e del potere, mostrando immagini non solo della strage di Piazza della Loggia, ma anche di altre pagine oscure italiane, da Piazza Fontana all’esplosione del treno Italicus.
Abbiamo cercato di mostrare l’infamia del potere attraverso l’immagine dell’acqua, che diventa una chiave di lettura del testo. L’acqua degli idranti che lava le prove e le tracce dalla piazza, cancellando la possibilità di indagare in modo responsabile ed efficace. L’acqua che annega gli oggetti quotidiani delle persone nella piazza occultando la verità. L’acqua che travolge le attese di chi ancora aspetta una risposta.

 

Come nei tuoi lavori precedenti, anche in questo caso hai lavorato sulla memoria attraverso filmati di repertorio.
Sono stata coinvolta in questo progetto per la mia esperienza nel lavoro con gli archivi. Qui alle immagini della gente nei giorni successivi alla strage, a quelle documentarie dei funerali e delle manifestazioni, si affiancano altre immagini più “emotive” e non del passato. Lo spettacolo si chiude infatti con visioni del presente, o di un tempo indefinito, tra i cittadini di Brescia non paghi dei tanti processi conclusi, e degli altri ancora in corso.
Fra queste immagini c’è un oratorio, è un momento molto forte e significativo durante il quale alle spalle degli attori si sovrappongono dei filmati che si inceppano interrompendo i loro pensieri, congelati e bloccati nell’attimo prima dell’esplosione.

 

Il titolo rimanda all’opera di Pasolini, il perché di questa scelta?
Pasolini intitola così il suo primo romanzo che cita a sua volta Marx. Il Sogno di una cosa si riferisce a una dimensione politica, un’utopia comunista che collega Pasolini a Marx, ma non solo. Ha anche un significato poetico, questo sogno perduto, mancato. Il sogno di una società diversa, frutto di un cambiamento di cui anche le otto vittime a Brescia potevano essere protagonisti se pensi che cinque di loro erano insegnanti.

 

Sogni Capovolti è stata installata in precedenza a Brescia e Reggio Emilia, ora rimarrà a Milano nei giorni di Invideo. Sarà possibile in futuro pensare a un allestimento permanente?
Sarebbe bello e forte mantenerla a Brescia, nel luogo dove tutto accadde, come simbolo di identità e memoria. Ma in questo momento è difficile trovare uno spazio fisso che ospiti l’installazione.

Sogni Capovolti di Martina Rocchi e Alessandro Mascia, da merc. 29 ottobre, ore 18.00 al 9 novembre. Fabbrica del Vapore, Sala delle Colonne.

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