LIBERTÀ D'ESPRESSIONE AL MURO

LIBERTÀ D'ESPRESSIONE AL MURO
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Il documentario Berlin East Side Gallery – in prima mondiale a Invideo – racconta i murales e l’arte a cielo aperto nata sul simbolo della Guerra fredda

 

Thierry Noir, primo street artist ad aver dipinto murales sul muro di Berlino, ricorda l’episodio in cui un giorno, mentre dipingeva, le persone si fermarono a chiedergli per quale motivo rendesse il muro così bello. La sua risposta fu che non era possibile, neanche chilogrammi su chilogrammi di pittura avrebbero potuto cancellare le vittime della guerra fredda e renderlo “bello”. Le parole dell’artista francese riflettono sulla funzione originaria del muro e su quello che è diventato: da simbolo della divisione dell’Europa ad archetipo di speranza. La bellezza non può risiedere nel muro come reliquia sublimata dalla pittura, ma nel fatto di averlo trasformato in un monumento simbolo della libertà di espressione.

Berlin East Side Gallery di Karin Kaper e Dirk Szuszies racconta quel tratto di muro dipinto nel 1990 da cento artisti provenienti da 21 paesi, tra i quali Thierry. Oggi il muro rappresenta la più lunga galleria d’arte a cielo aperto del mondo, un chilometro e mezzo di opera collettiva dedicata alla riunificazione tedesca.

I filmati di repertorio, le riprese con camera a mano e le fotografie storiche sono il mezzo narrativo dei registi. Grande attenzione al suono in presa diretta, nessuna voce narrante, solo i rumori della strada e la musica accompagnano lo spettatore nelle immagini e nelle testimonianze degli intervistati.

La East Side Gallery non è nuova al cinema. Proprio i murales di Thierry, infatti, fanno da sfondo alla magnifica carrellata che segue Bruno Ganz nella scena della metamorfosi da angelo a uomo ne Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders.

 

Il documentario ripercorre le fasi principali dell’evoluzione della galleria, dall’entusiasmo della sua genesi fino al mantenimento dei giorni d’oggi. Il periodo che segue alla realizzazione dei primi murales è controverso e combattuto a causa della mancanza di fondi. L’abbandono e il degrado delle opere si protraggono fino ai primi anni del duemila. Nonostante l’importanza storica (e turistica) il muro è stato, e rimane tuttora, bistrattato dall’amministrazione berlinese. L’aumento del valore dei lotti mette in pericolo l’esistenza stessa del muro, sorgono così appassionate manifestazioni per difenderlo dall’espansione edilizia, processo della logica capitalistica che mira solo agli utili e non alla tutela dei beni di un patrimonio artistico forse unico al mondo. 

 

Nel 2010 il muro appariva ormai grigio d’inquinamento e deturpato da innumerevoli atti di vandalismo, inevitabile la decisione di riportarlo al bianco dell’era sovietica. Gli autori delle opere originarie sono invitati a rinnovare i murales perduti sotto il grigio dell’inquinamento e dei graffiti. Il documentario ci mostra gli artisti all’opera mentre raccontano del muro e del loro lavoro. Si riflette sul fatto che esistano ancora muri nel mondo, come quello in Israele e quello al confine fra Stati Uniti e Messico, sull’inquietudine umana, sul rapporto tra socialismo e dittatura. Oggi siamo di fronte alla lotta contro il graffitismo che invade i murales e al fermento degli artisti di strada che ogni giorno si esibiscono di fronte al muro.

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