Daniela Trastulli, docente di videogiornalismo alla Scuola Civica di Milano, ci racconta l'esperienza come tutor di tre notevoli reportage sulla sostenibilità alimentare nel mondo
«Nell'ambito del linguaggio audiovisivo, capire se ciò che abbiamo realizzato funziona o non funziona richiede consapevolezza estetica e competenze tecniche».
Daniela Trastulli, docente di scrittura cinetelevisiva e videogiornalismo presso la Scuola Civica di Cinema di Milano, ci racconta i tre videoreportage - Microjardin Milano-Dakar in Senegal, Quinoa, l'Oro delle Ande in Bolivia e Safe Gardens in Tanzania - realizzati l'anno scorso per il bando Sicurezza alimentare indetto dal capoluogo lombardo nel 2012. Questi e altri quattro video - più uno riassuntivo dell'intero progetto - verranno presentati il 22 luglio all'interno di Expo 2015 nel Padiglione della Società Civile presso la Cascina Triulza.
Quando e in che termini è stata coinvolta nel progetto Scuola Civica di Cinema?
Il Comune pubblicò un bando per la sicurezza alimentare a cui parteciparono 70 ONG e che si risolse con il finanziamento di sette proposte in altrettanti paesi nel mondo: Italia (sempre a Milano), Albania, Bolivia, Tanzania, Senegal e due in Centro America. Appena ci si è resi conto della necessità di immediata visibilità del progetto è stato coinvolto il nostro corso di videogiornalismo con l'obiettivo di raccontare con brevi reportage le realtà coinvolte. L'amministrazione comunale ha coperto le spese vive, quelle legate al viaggio e al vitto. Le associazioni internazionali, invece, hanno ospitato i ragazzi in loco e hanno fornito una serie di servizi organizzativi e logistici fondamentali. Ad esempio, portavano i videoreporter sui luoghi di ripresa e li mettevano in contatto con le persone che avrebbero dovuto intervistare.
Come sono stati selezionati gli autori dei reportage?
Si tratta di ex studenti che ho ritenuto potessero essere interessati e disponibili a fare questa esperienza. Alcuni di loro avevano però degli impegni lavorativi prioritari e all'ultimo momento abbiamo dovuto sostituire una ragazza perché in maternità. Sono stati messi a disposizione i mezzi tecnici e un tutorato, ma era importante che fossero autonomi soprattutto in fase di montaggio del video. Li abbiamo riuniti in una masterclass per spiegare loro le modalità e le criticità e abbiamo proseguito relazionandoci con gli operatori attraverso Skype e accordandoci sui piani di produzione e regia. Tra loro i reporter non si conoscevano perché provengono da anni accademici diversi, perciò durante le riunioni preliminari abbiamo dovuto formare le coppie che avrebbero realizzato materialmente i lavori basandoci su paramentri differenti come ad esempio le lingue conosciute.
Che cosa chiedeva esattamente il brief del bando?
Bisognava spiegare a un pubblico generalista le soluzioni proposte da determinate comunità rispetto al problema della sostenibilità alimentare attraverso l'attività internazionale delle ONG. Era anche richiesto di dimostrare al cittadino milanese come e perché venissero spesi i soldi pubblici in quel contesto e quali vantaggi ne potessero derivare per tutti. A questo riguardo, era importante creare un ponte tra quei paesi e il nostro e considerare il piano di sensibilizzazione che il Comune di Milano sta mettendo in atto nelle scuole dell'obbligo. Il tutto andava raccontato in breve (cinque-sette minuti, la soglia d’attenzione in Rete) e con un'ottica di informazione sulla rilevanza di questi temi nella nostra quotidianità.
I reporter hanno trovato delle difficoltà a lavorare sul campo?
Per alcuni di loro era la prima esperienza di viaggio ma nel complesso non ci sono stati problemi. Certo, lavorare su commissione si rivela spesso un momento di crescita per chi è all'inizio della propria carriera ma, inevitabilmente, pone delle limitazioni nella libertà di movimento. In quanto a difficoltà reali, ad esempio, in Tanzania può essere pericoloso girare con una macchina da presa perché la popolazione non ama essere ripresa o vuole essere pagata. Le due ragazze, Ilaria Solaini e Alessandra Squarzon (che ha partecipato anche al progetto in Bolivia) hanno potuto accedere quindi a pochissime realtà al di fuori di quella "protetta" dell'Istituto Oikos (l’ONG promotrice del video in Tanzania, ndr).
Qual è, a suo parere, la situazione attuale del videogiornalismo?
Da una parte le tocnologie digitali ormai forniscono strumenti alla portata di tutti. Tuttavia, è evidente che si è creata un'ambiguità: si possono anche fare cose molto belle con un telefonino, ma soltanto se si è acquisita una matura concezione estetica. Il mezzo, di per sé, non costituisce né sostituisce il messaggio, così come un reportage non deve essere soltanto informazione. Il corso della Civica non forma certo giornalisti però insegna a gestire l'audiovisivo e a ottenere un progetto multimediale efficace e bello da vedere. In questo modo diamo l'opportunità a professionisti e non di aggiornarsi. Dall'altra vediamo un sistema distributivo completamente libero da quelle che erano le regole dell'editoria tradizionale, in quanto non c'è più bisogno della televisione per rendersi visibile. Ma qui entra in gioco la questione retributiva, poiché non abbiamo ancora trovato una formula definitiva per ottenere un ritorno economico dal mercato virtuale senza fare affidamento sulle inserzioni pubblicitarie.
Com’è cambiato negli ultimi anni il mestiere del videoreporter?
Viaggiare con alle spalle un editore conta ancora qualcosa, perciò i giovani reporter si adattano al mercato che trovano e spesso riciclano uno stesso pezzo per più testate oppure accettano “marchette” pur di riuscire a finanziare progetti personali. In quest'ottica, nelle modalità editoriali, il Web non è poi molto diverso dalla carta stampata ma purtroppo ha avuto luogo un generale processo di degrado dovuto all'aumento della potenziale concorrenza, al declassamento retributivo e al mutamento del gusto. Ma forse quel disagio che provo io nel vedere la maggior parte dei video che compaiono sul Web non lo provano altri, più abituati - per ragioni anche generazionali - al radicale livellamento dell'offerta. Come un bambino cresciuto mangiando merendine industriali potrebbe non percepire la migliore qualità di una torta di mele fatta in casa, uno spettatore oggi è difficile che riconosca la qualità effettiva nella produzione audiovisiva.
Questa sera verranno proiettati – a ingresso gratuito – i videoreportage del progetto
Milano Civica Scuola di Cinema, Comune di Milano, Acra-Ccs, Chico Mendes, Oikos.
Al Cinema Beltrade dalle ore 17.30:
Microjardin Milano-Dakar di Laura Filios e Ilaria Sesana
Quinoa, l’Oro delle Ande di Luca Castillo e Alessandra Squarzon
Safe Gardens di Ilaria Solaini e Alessandra Squarzon