CANZONE RIBELLE

CANZONE RIBELLE
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Un inno alla libertà e alla gioventù tunisina. Appena apro gli occhi, opera prima della regista Leyla Bouzid  in Concorso Lungometraggi Finestre sul Mondo, è il ritratto di una generazione ribelle all'alba della Primavera araba

 

Tunisi, estate 2010. Farah ha diciotto anni, una montagna di riccioli ribelli in testa, fa tardi la sera, beve birra con i ragazzi e fa parte di una rock band locale che canta del disagio dei giovani e della popolazione tunisina sotto il regime di Ben Ali. 

La Primavera araba, con la la serie di proteste e agitazioni iniziate tra la fine del 2010 e l'inizio del 2011, è alle porte, ma non è della rivoluzione che si parla nel film À peine j'ouvre les yeux (Appena apro gli occhi)di Leyla Bouzid, già Premio del Pubblico alle Giornate degli Autori a Venezia 2015 (e in sala dal 28 aprile per Cineclub Internazionale Distribuzione).

È il racconto dei mesi precedenti attraverso il percorso di una giovane cantante che con audacia e incoscienza sfida il regime portando canzoni di denuncia nei bar, nei locali notturni e per strada (tutti luoghi che la regista riprende con le loro atmosfere reali in modo documentaristico).

 

«Appena apro gli occhi, vedo persone spente... intrappolate nel loro sudore, le loro lacrime sono salate, il loro sangue è stato rubato e i loro sogni svaniti» canta Farah tra i giovani tunisini, gli stessi che possiamo idealmente immaginarci in piazza qualche mese più tardi. Testi scomodi che parlano dei problemi del Paese, dell'assopimento delle persone e di sogni rubati, di politica. Atteggiamento rischioso nella Tunisia di Ben Ali e la polizia comincia a tenerla d'occhio, ma Farah va dritta per la sua strada. Le tolgono il microfono e lei continua a cantare, le annullano un concerto e lei ne improvvisa uno per strada, la madre le proibisce di uscire e lei riesce comunque a scappare. Vive da donna libera, desiderosa di scoprire il mondo e l'amore, che combatte con le armi della giovinezza e della vitalità, ma che a un certo punto si trova a fare i conti con la realtà di un Paese soffocato dalla censura del regime e con la brutalità del potere.

 

La regista parte da una storia personale per svelare il clima in cui ha avuto origine la rivoluzione. Il particolare che racconta l'universale. Si parte dal ritratto intimo di un'adolescente che deve affermare se stessa affrontando una guerra su due fronti (quello naturale fatto dalle restrizioni imposte dalla madre protettiva – perché sa bene a cosa può andare incontro la figlia - e quello esterno del regime), per arrivare con un climax emozionale ascendente a un quadro più grande che comprende gli effetti della repressione politica nella società.

«Farah rappresenta l'energia della gioventù tunisina e di tutti gli artisti arabi che devono combattere per esistere», afferma Leyla Bouzid, e il suo personaggio diventa il simbolo della loro resistenza e della coscienza politica che si manifesta nella forza della musica, strumento ideale di denuncia e canale di diffusione più incisivo per raggiungere più persone possibili.

 

À peine j'ouvre les yeux di Leyla Bouzid, gio 7 aprile, ore 21.15, Spazio Oberdan, ven 8 aprile, ore 16.30 Auditorium San Fedele

Il film sarà preceduto dal cortometraggio Terremere di Aliou Sow

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