CARO AMICO TI SCRIVO

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Intervista al regista di Letters to Max, documentario epistolare sullo stato invisibile dell’Abkhazia

 

L’Abkhazia è un lembo di terra che si affaccia sul Mar Nero, circondato per tre quarti dalle montagne del Caucaso, de facto stato indipendente dalla Georgia. La violenta guerra di secessione abkhazo-georgiana del 1992-1993 ha sancito l’indipendenza e la creazione di uno Stato riconosciuto solo il 26 agosto 2008 dalla Russia, ma non da USA e UE. In Letters to Max  Eric Baudelaire racconta del suo inaspettato scambio epistolare con Maxim Gvinjia e attraverso la sua voce ci parla di uno Stato che c’è ma non si vede.

 

Come hai conosciuto l’Abkhazia?

Nel 2000 ho fatto un viaggio con un amico, esperto di repubbliche post-sovietiche de facto, e ne abbiamo visitate tre: la Transnistria che si è separata dalla Moldavia, il Nagorno-Karabakh che si è reso indipendente dall’Azerbaigian e infine l’Abkhazia. Lo Stato che abbiamo trovato più interessante è stato proprio l’Abkhazia. Il mio amico è uno scrittore e io a quel tempo ero un fotografo, da allora siamo tornati parecchie volte in Abkhazia, circa una volta ogni cinque anni. Ho lavorato in Abkhazia per 15 anni, seguendone l’evoluzione come entità politica. 

 

E l’incontro con Max come è avvenuto?

Ci siamo conosciuti a un evento militare nel luglio 2000. Max aveva una maglietta con scritto New York e degli occhiali da sole che mi piacevano, l’ho salutato e dà lì è nata velocemente la nostra amicizia. In tutti questi anni entrambi siamo “cresciuti”, io artisticamente, iniziando a fare il regista e Max politicamente. Nel 2000, a soli 24 anni, era praticante al ministero degli Affari Esteri e poi è evoluto fino a diventare ministro degli Esteri.

 

Quando è nata l’idea di un film?

Quando ho iniziato a inviare le lettere ancora non ne avevo idea, anche perché non credevo sarebbero mai arrivate. Gradualmente abbiamo capito che sarebbe diventato un film. 

 

Nel film c’è una scena con i festeggiamenti per l’indipendenza nel 2008, eri lì a girare?

No, quelle immagini in realtà corrispondono alla celebrazione del ventesimo anniversario della fine della guerra. Molte altre scene sono state ricostruite, come quelle in cui Max è in ufficio.

Tutto il film gira intorno a questa idea di cos’è una celebrazione reale o una celebrazione ricostruita

Le parate, le manifestazioni collettive servono all’apparato statale per creare un senso di identità, di destino comune, ma in Letters to Max queste celebrazioni sono false.

 

Non c’è nessun georgiano che faccia da contrappunto alla voce di Max, perché?

Innanzitutto bisogna domandarsi che cosa sia una voce. C’è una sequenza di sei minuti che mostra le case abbandonate dei georgiani, che hanno lasciato il Paese dopo la guerra del 1992. Questa per me è una voce. Poi ho fatto una scelta cinematografica precisa, ho voluto allontanarmi dal documentario tradizionale, in cui si contrappongono due voci, creando una sorta di equilibrio narrativo. Invece ho deciso di far parlare solo Max e di mostrare in contrapposizione le immagini di queste abitazioni vuote. C’è una voce georgiana, ma non è una voce fisica, è un’assenza che, attraverso le domande che fa sorgere nello spettatore, diventa presente.

 

Perché nel panorama internazionale l’Abkhazia non viene riconosciuta?

Gli Stati generalmente non amano che vengano creati nuove entità al loro interno, hanno la tendenza a preservarsi e a far sì che questo non accada. È il motivo per cui la Spagna guardava con paura al referendum in Scozia, perché così anche la questione Basca e della Catalogna si sarebbe riaperta. Nessuno nell’Unione Europea e negli Usa vuole che esista l’Abkhazia, ma allo stesso tempo nessuno in Russia vuole che esista il Kosovo, ed è per questo che la Russia ha concesso l’indipendenza all’Abkhazia. Questo riconoscimento è servito a rendere più debole uno Stato di confine come la Georgia. Ci sono sempre più Stati che non sono riconosciuti e il concetto tradizionale di nazione sta cambiando. 

 

Letters to Max, di Eric Baudelaire, Concorso, sab 29 novembre, ore 17.30, Cinema Arcobaleno, Sala 300

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