In contemporanea al festival FICTS è in corso la mostra dedicata all’alpinista, fotoreporter e scrittore. Un percorso di immagini fotografiche e altezze vertiginose. Ne parliamo con il curatore Angelo Ponta
Nella sua vita Walter Bonatti (1930-2011) è stato alpinista, esploratore, fotoreporter, scrittore. Ha aperto nuove vie (di cui una successivamente a lui intitolata), scalato vette, visitato luoghi lontani condividendo tutto con i loro abitanti, fotografando e raccontando con la sua fedele macchina da scrivere un sogno lungo più di trent’anni. Nel Palazzo della Ragione, proprio di fronte alla sede FICTS Sport Movies & TV, è possibile visitare fino all’8 marzo la mostra Walter Bonatti. Fotografie dai grandi spazi, curata dal giornalista e scrittore Angelo Ponta insieme ad Alessandra Mauro. Abbiamo chiesto a Ponta, amico di Bonatti e della compagna Rossana Podestà (1934-2013), di presentarci la mostra.
L’alpinista e il fotografo. Come raccontare questa apparente dicotomia?
Non separerei i due aspetti. Già durante l’attività alpinistica, prima di cominciare a scrivere per la rivista Epoca, Walter aveva sviluppato la capacità psico-fisica necessaria per reggere determinate situazioni di stress e pericolo. Per certi versi, scalare una parete di ghiaccio non è molto diverso dall’esplorare una giungla, scendere un fiume in kayak o attraversare un deserto. Proprio perché cambiano le situazioni, devi sempre farti trovare pronto a ogni evenienza, e Walter lo era. Inoltre, il fotografo era già presente nell’alpinista, poiché scattare fotografie in quel contesto ha una doppia funzione: tecnica ed etica. Avere immagini dei luoghi prima di cominciare l’impresa ti permette una maggiore sicurezza, mentre immortalare le diverse fasi della stessa ne testimonia inequivocabilmente i risultati. Questo training esplose poi nel 1965, quando Walter abbandonò l’alpinismo per proseguire nell’esplorazione del mondo, con tutte le ripercussioni mediatiche del caso. In apertura della mostra, infatti, è possibile ammirare reperti legati al Bonatti comunicatore, alla professione di fotoreporter portata avanti con passione per decenni, come la macchina da scrivere regalatagli dopo la controversa vicenda del K2 nel 1954 e da lui utilizzata per tutta la vita.
Quali sono secondo lei i punti di forza della mostra?
L’ambizione è sempre stata quella di mettere insieme la più grande mostra su Walter Bonatti che si fosse mai vista. In questo mi sembra riuscita. Per la prima volta, oltre alle foto si possono vedere gli oggetti che hanno accompagnato la vita famigliare e professionale di Walter. La difficoltà non è stata tanto trovare il materiale, perché l’archivio delle immagini legate a lui è praticamente infinito, quanto selezionarle e presentarle con un filo coerente che non fosse banalmente cronologico. Abbiamo inteso restituire la figura complessa di un uomo come Bonatti in uno spazio limitato e attraverso un percorso tematico comprensibile. E ci tengo a ricordare che gran parte del materiale in esposizione nel Palazzo della Ragione, compreso quello video, è completamente inedito.
In tutto ciò, qual è stato il ruolo di Rossana Podestà?
Purtroppo soltanto intenzionale, in quanto nel dicembre del 2013, quando è scomparsa, il progetto era ancora in una fase embrionale. Dalla morte di Walter, Rossana si è impegnata mente e corpo per conservare la memoria del suo uomo attraverso la raccolta di diari e taccuini, la stesura di due libri (di cui uno da me completato), la produzione del documentario W di Walter per la regia di Paola Nessi e molto altro ancora. Non ha mai smesso di tenerlo con sé. Era una donna straordinaria.
Una volta Bonatti ha scritto che si sentiva come «il primo uomo sulla Terra» il quale, guardandosi attorno e ammirando le meraviglie del mondo, riceve costantemente una lezione di vita. È possibile definire questa lezione? Che genere di eredità morale lascia Bonatti?
Lui stesso si amareggiava molto quando tornava nei luoghi da lui visitati anni prima e li trovava trasformati a causa del flusso turistico. Ma non per questo ha smesso di esplorare e raccontare i diversi angoli del pianeta. La sua convinzione era che gli uomini di città non sanno più affrontare il mondo, non ne hanno più gli strumenti. Se invece ci ponessimo disarmati e senza filtri di fronte agli spazi e alle persone che incontriamo nei nostri viaggi, potremmo ricevere da quel frammento ambientale un messaggio primigenio. Ecco, trovo che sia ancora valido il suo messaggio: non dobbiamo mai smettere di metterci alla prova. Anche nell’alpinismo Walter tendeva a lavorare con i soli mezzi dei suoi predecessori, così poteva dire di essere all’altezza della sfida. Mettersi alla pari è il solo modo per risvegliare qualcosa nel rapporto con la natura, con noi stessi e con gli altri.
Parallela alle mostre dello Sport Movies & Tv FICTS è in corso fino all’8 marzo:
Walter Bonatti. Fotografie dei grandi spazi, Palazzo della Ragione, Piazza Mercanti.
Ingresso intero: 10 euro
Ingresso ridotto: 8,50 euro
Ridotto speciale: 5 euro
Per Info: www.palazzodellaragionefotografia.it/info
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