IL VOLTO SCONOSCIUTO DELLA CAMBOGIA

IL VOLTO SCONOSCIUTO DELLA CAMBOGIA
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Il vincitore del FCAAAL Guillaume Suon ci racconta The Storm Makers, la collaborazione con il maestro Rithy Panh e il commercio di schiavi che riguarda il Mondo

 

«Ho lavorato in Cambogia per sette anni, preso parte a diversi film che trattano problemi sociali di quella realtà, e preso coscienza di come tante persone lottino quotidianamente per la sopravvivenza.». Racconta Guillaume Suon, premiato ieri come miglior Lungometraggio Finestre sul Mondo di FCAAAL 25. L’abbiamo intervistato poco prima dell’evento. Un ragazzo per metà francese e per metà cambogiano nato nel 1982, giovanissimo eppure già vincitore di numerosi premi cinematografici. Con The Storm Makers, prodotto da Rithy Panh, arriva al FCAAAL per rivelare agli spettatori europei la tragica realtà del traffico umano in Cambogia.

 

Quando le è venuta l’idea per il film?

Diverso tempo fa. Ho lavorato a The Storm Makers per tre anni, perché il flagello del traffico umano – fatto di schiavitù e violenze - diventava sempre più forte. Ho pensato fosse perfetto enunciare e denunciare tutto ciò, raccontando sia il punto di vista delle vittime che dei carnefici: i “portatori di tempesta” del titolo (inglese, nda).

 

Il dramma del “traffico umano” in Europa non è un tema molto conosciuto. 

Questa tragedia non viene quasi mai messa a fuoco in Europa, così come in America, anche se accadono fatti analoghi in quei paesi, perché molte ragazze cambogiane vengono vendute e deportate proprio negli Stati Uniti, così come in Europa. Qui la prostituzione è perlopiù esercitata da ragazze africane e asiatiche, e in questo il traffico di schiavitù umana è diventato un “nuovo” problema per il mondo dei media e per quello della legge. Forse nei prossimi anni l’ONU e altre organizzazioni internazionali troveranno il modo per fermare tutto questo, ma al momento le ragazze e i ragazzi continueranno a essere venduti come schiavi. Ogni singolo giorno dell’anno. A ogni ora.

 

Quindi anche i ragazzi vengono venduti? In The Storm Makers vediamo coinvolte solo ragazze. 

Certo, anche i ragazzi. Nessuno in Cambogia si salva dai problemi legati alla prostituzione e alla schiavitù. Un fatto orribile che va denunciato in ogni forma possibile.

 

La comunità cambogiana ha visto il film? 

No, non ancora. Sto collaborando in Cambogia con diverse organizzazioni come Amnesty International, l’Ambasciata europea e quella degli Stati Uniti perché Storm Makers venga proiettato. Mostrare questo film nelle sale cambogiane è un atto politico. Bisogna avere molta cautela per capire come trasmetterlo senza creare violenze verso il mio staff e verso le persone coinvolte nelle riprese. Ma voglio assolutamente proiettarlo. Credo sia importante per tutti noi conoscere le reazioni dei cambogiani e capire come continuare ad aiutare le persone coinvolte in questi traffici, però bisogna muoversi veramente con estrema cautela per evitare possibili incrinature con la comunità.

 

È Rithy Panh che l’ha avvicinata al mondo del documentario? 

Sì. Prima di diventare regista mi occupavo di giornalismo in Francia, ed è lì che ho conosciuto il mio produttore, il cambogiano Rithy Panh. Lui mi ha consigliato di passare dal giornalismo verso il documentario. Mi ha insegnato a usare la macchina da presa attraverso la sua filosofia: quella di filmare i personaggi come se riprendessi te stesso. In questo modo puoi “sentire” al meglio l’essere umano che hai davanti all’obiettivo. Gli insegnamenti di Panh sono stati un lungo percorso per dimenticare completamente il mio modo di fare giornalismo e per imparare il nuovo linguaggio del documentario. Per sette anni ho studiato per diventare filmmaker. Quando sono andato al Sundance Institute di New York, alla Berlinale e all’IDFAcademy di Amsterdam ho continuato a imparare tanto da altri grandi registi e a capire le loro diverse visioni del mondo. Sto continuando tutt’ora, cercando di raccontare le mie storie nel modo migliore possibile.

 

Com’è stata la sua collaborazione con Rithy Panh durante The Storm Makers

Non è solo un produttore per me. Mi ha assistito durante le riprese e il montaggio, ci siamo confrontati molto in ogni fase del film.

 

Lo definirebbe il suo “guru”? 

(Ride, nda) Sì, una specie! Molto più di un produttore, un vero maestro. Pochi sanno della sua attività di insegnante. Panh ti fa capire il perché del filmare e mi ha fatto comprendere come rendere potente quello che ho girato, oltre ad avermi dato un grosso aiuto per The Storm Makers, consigliandomi nelle soluzioni di montaggio, fotogramma per fotogramma. E ritengo anche questa un’ottima forma di insegnamento.

 

 

 

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