LE REGOLE DELLA MAGIA

LE REGOLE DELLA MAGIA
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Parlare di cinema è come parlare di magia. È qualcosa di bello. Nell’immaginario collettivo ancora di più. Provate a farlo con la vostra panettiera, o con la vostra estetista, o con vostra cugina che lavora, magari, in una banca d’affari. Ditele che quello è il vostro mondo. Alla classica domanda «e tu di cosa ti occupi?» rispondere di cinema farà loro brillare gli occhi. E non importa se vostra cugina guadagna in un mese quello che, forse, a voi spetterà in un anno (è poco probabile però, forse in cinque anni), un velo di invidia le velerà l’iride. Perché? Perché per occuparsi di magia, che nella fattispecie significa anche buttarsi a capofitto nei propri sogni e anche fidarsi di quel barlume di talento che si intravede in se stesse, beh, ci vuole coraggio. E parecchio anche. Che il gioco ne valga la pena non è cosa che affronteremo qui. Già piove fuori ed è molto meglio non affliggere oltre questa stentata primavera. Sulla questione delle cosiddette quote rosa non riesco, come su molte altre cose, ad avere un’opinione ben definita. Nel senso che spesso mi chiedo se sia efficace ragionare sul femminile in relazione alle attività lavorative. È giusto fare delle distinzioni? Oppure è l’ennesima ghettizzazione proposta anche da noi? Alla fine credo che sia abbastanza inutile come arrovellamento intellettuale. Uomini e donne sono differenti, lo sono in tutto. Negli atteggiamenti, nelle energie, nei gusti, nelle attitudini e nelle capacità. E in molto altro. Altrimenti non potrebbero, non solo amarsi, ma anche stimarsi. Nel migliore dei casi. È diverso il loro cinema? Certo. È significativo sottolinearlo? È quantomeno molto interessante. Senza tabù e senza giudizio, che sarebbe la maniera migliore di vivere. Mi capita di scrivere di cinema. Mi capita soprattutto di avere voglia e possibilità di intervistare la “gente del cinema” e rendermi spesso conto di come, davvero, intorno ci sia un’aura differente. Quel terzo occhio che ha il potere e la missione di svelare ai comuni mortali ciò che la loro quotidianità gli cela. Le sfumature della vita. Mi è capitato, anche, di avere la determinazione di fare un documentario. L’ho fatto. Ho avuto l’idea, ho trovato i fondi, l’ho scritto, l’ho interpretato, pure! Per fortuna non l’ho diretto, a quello ci ha pensato Cristina Mantis. Ecco, stare dietro una penna, o un computer, per essere moderni, è cosa difficile per molti versi. Ma stare dietro o davanti, prima o dopo una macchina da presa…quello è quasi impossibile. Quando giravamo Magna Istria, che resta una delle avventure più significative che ho intrapreso, mi sono trovata di fronte a tutte le mie debolezza. Ai miei limiti, all’impossibilità di lasciarmi andare alle “regole” di qualcuno anzi qualcuna che mi stava DIRIGENDO! A me? Che nemmeno mia madre ci è riuscita? Davanti o dietro che tu stia, sempre parlando ti camera, è un’impresa titanica, ai limiti della sopportazione umana, anche e soprattutto per ciò che riguarda le emozioni, i sentimenti, l’ego. Quante brutte bestie vengono fuori. Quante debolezze e frustrazioni e dipendenze e affettività irrisolte e…problematiche di soldi, di storie, di interpretazioni. È questo, che ci vuole per la magia. È questo che la panettiera non sa. E meno male. Perché mai bisognerebbe sfumare le cose belle, con i turpi avvicendamenti della realtà. Non è questo compito degli artisti, che devono tenersi ben stretti a sé i loro problemi e saperli buttare nell’angolo della spazzatura del palco, di qualsiasi materiale sia fatto. Ecco, forse diciamo che alle donne questa cosa viene un po’ più facilmente che agli uomini, parlo della sopportazione. Ma potrebbe non essere così vero, in fondo.

(Per la cronaca, mentre giravamo il documentario, tra me e me rivalutavo, senza mezzi termini, anche chi in televisione vende le pentole. Che a fare quello che fanno sono bravi e pure lì ci va pelo).     

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