A 40 anni dal golpe argentino, lo Spazio Oberdan ospita oggi la prima italiana di Historias de un juicio, documentario che affronta il tema dei desaparecidos. Ne parliamo con gli autori Alexandra Garcia-Vilà e Franck Moulin
Un silenzio vale più di mille parole. È anche vero però che il silenzio può ferire soprattutto per chi sente il desiderio di parlare e di essere ascoltato.
I giovani filmmaker Alexandra Garcia-Vilà e Franck Moulin denunciano il “silenzio”, catturando con la macchina da presa molteplici voci, volti, testimonianze raccolti attorno al processo che ha portato alla condanna del dittatore Jorge Rafael Videla e dei suoi collaboratori. Il processo che dà titolo all’opera è tuttavia solo la cornice, un punto di partenza per andare più a fondo nella Storia, attraverso le storie. Protagoniste sono le parole di chi ha vissuto il terrorismo di Stato sulla propria pelle e che dopo quarant’anni non ha smesso di lottare per ridare dignità al passato e costruirsi un futuro, come i ragazzi del progetto Plaza La Visita, i parenti delle 31 vittime che hanno deciso di creare uno spazio commemorativo. Ne parliamo con gli autori del film.
Come avete conosciuto i ragazzi di Plaza La Visita e cosa vi ha spinto a iniziare questo progetto?
Conoscevamo già uno di loro, Martin, figlio di una delle vittime. Vive tra l’Argentina e Barcellona. Ci siamo conosciuti nella città catalana e siamo rimasti in contatto. Attraverso Martin abbiamo regolarmente notizie indirette sugli altri intervistati, ma purtroppo non siamo più tornati in Argentina da quando abbiamo girato il film.
Lavorando a questo progetto, e soprattutto a distanza di tanto tempo dai fatti, avete avvertito reticenza da parte delle persone a parlare o piuttosto un forte desiderio di raccontare?
Il processo ha generato in loro una grande urgenza a parlare, le cose stanno cambiando nel tempo. Nessuna reticenza. Il nostro ruolo è stato quello di ascoltare e registrare il presente, le parole dei testimoni, dei parenti, i ricordi. Siamo rimasti in Argentina per tre mesi passando quasi ogni giorno in tribunale o con le vittime e i loro famigliari. Alla fine siamo diventati parte del processo e degli eventi. Si è instaurato un rapporto di fiducia reciproca, perché hanno capito che il nostro approccio era molto diverso da quello dei media.
Come mai nel film non si conoscono i nomi degli intervistati?
Ogni persona con cui abbiamo trascorso del tempo per avere una testimonianza ha un proprio ruolo nel film e al contempo è parte di una voce collettiva. Non hanno un nome nel film ma esistono in maniera potente attraverso la loro storia personale, tassello significativo di una Storia in cui siamo tutti coinvolti. Rappresentano tutti qualcosa di più grande di loro. Sono due generazioni,quella che ha vissuto in prima persona la dittatura, e quella successiva dei figli, oggi adulti, il presente del Paese. Le vittime rivivono nel film attraverso quello che i nostri protagonisti fanno e dicono. Preparano una commemorazione, mostrano foto dei loro cari che non ci sono più. È il loro modo per fare rivivere i desaparecidos in una società che ha cercato di dimenticare un passato così recente.
D’altro lato, i carnefici hanno un nome: Videla e Menéndez. Nel film vengono presentati come i due simboli della dittatura argentina.
Secondo uno dei ragazzi intervistati il processo sarà l’inizio di un nuovo ciclo: siete d’accordo?
Sì. È un nuovo ciclo soprattutto per i parenti delle persone scomparse, ma anche per un’intera generazione potrebbe essere un primo passo per comprendere cosa è successo e un modo per sconfiggere l’eredità della dittatura ancora presente nella società contemporanea.
Il tema dei desaparecidos resta una ferita aperta non solo in Argentina ma in tutto il Sud America. Quale pensate possa essere il ruolo del cinema del reale in questo senso?
Il nostro è un piccolo film, ma volevamo soprattutto creare uno spazio in cui queste voci potessero essere ascoltate. Il ruolo del cinema è fondamentale nel definire la storia di un paese. Il lavoro di filmmaker come Patricio Guzmán e Carmen Castillo sono modelli di riferimento per noi.
Parlando dell’Argentina oggi, da pochi mesi a Cristina Kirchner (che aveva tenuto a bandiera il problema dei desaparecidos) è succeduto Mauricio Macri, segnando un totale cambiamento di rotta dal punto di vista politico.
Crediamo che le cose resteranno immutate, potrebbe perfino diventare più difficile indagare e approfondire ogni singolo caso dei desaparecidos. Ad esempio, a Cordoba, gli avvocati delle associazioni delle vittime hanno sempre meno risorse per lavorare ai processi, il che significa più difficoltà per svolgere il loro lavoro.
Tuttavia pensiamo che quanto è stato fatto fino a oggi sia comunque decisivo, la società ha raggiunto una verità e non è più possibile tornare indietro.
Evento Speciale INCONTRO Argentina 1976-2016. Memoria, Verità, Giustizia, merc 23 marzo, ore 18.45, Spazio Oberdan, con il patrocinio del Consolato Generale della Repubblica Argentina di Milano
Historias De Un Juicio (Stories of a Trial) di Alexandra Garcia-Vilà e Franck Moulin, anteprima italiana
In sala, oltre ai registi, saranno presenti:
Luciano Tanto Clement (Console Generale della Repubblica Argentina,Milano)
Riccardo Noury (Portavoce Nazionale Amnesty International)
Hilario Bourg (Associazione “24 Marzo Onlus”)
Alejandro Librace (Presidente dell’Associazione “Cuore Argentino”, Milano)
Conduce il dibattito il curatore dell’evento Sergio Di Giorgi
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