LA GIUSTA PARTE

LA GIUSTA PARTE
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È sabato pomeriggio, il sagrato del Teatro Strehler è assolato e vestito di bianco. Sta per essere proiettato Io sto con la sposa, sezione The Outsiders, a cui il MFF consegna il Premio Abba 2014. Il film di Gabriele Del Grande, Antonio Augugliaro e Khaled Soliman Al Nassiry è un documentario on the road che attraversa l'Europa e i confini della legalità. Un caso cinematografico che ha conquistato la Mostra del Cinema di Venezia e che dal 9 ottobre sarà distribuito nelle sale.

 

Abbiamo chiesto a Gabriele Del Grande, uno dei tre registi, di raccontarci qualcosa in più su questo piccolo grande film, interamente finanziato dal basso, grazie ai 2.617 “sposi” che hanno partecipato al crowdfunding.

 

È arrivato prima il film o l'atto di disobbedienza civile?

Sono nati insieme in modo inaspettato. Io e Khaled ci siamo conosciuti nel 2012, lui è poeta ed editore nato a Damasco in una famiglia di rifugiati palestinesi. Vive e lavora in Italia da 5 anni. Un giorno, lo scorso ottobre, eravamo in Stazione Garibaldi e abbiamo incontrato Ahmed Abed, il futuro sposo. Era appena arrivato a Milano dopo essere sopravvissuto al naufragio di Lampedusa dell'11 ottobre 2013. Volevamo aiutarlo, così abbiamo parlato con Antonio, l'anima cinematografica del film, e le nostre emozioni si sono condensate in una visione. Una prima idea folle che poi sarebbe diventata Io sto con la sposa.

 

Un matrimonio a “6 mani”, come avete lavorato al film?

Ognuno ha dato il suo contributo. Antonio, ha curato la messa in scena e le riprese, io mi sono fatto carico dell'organizzazione e ho contribuito con la mia esperienza sul linguaggio dell'immigrazione. Khaled è stato il trait d'union del gruppo, una carovana italo/palestinese/siriana in cui non c'erano buoni che aiutavano, o migranti “sfigati” da soccorrere. La sua esperienza personale e i suoi spunti hanno mantenuto tutti sullo stesso livello e ci hanno fatto dimenticare il pericolo che stavamo correndo.

 

Perché la meta dei migranti è proprio la Svezia?

Se dovessi mettermi nei panni di una famiglia che ha perso tutto, vorrei rifarmi una vita in una nazione che ha un'economia in salute e uno stato sociale efficiente. La Svezia, uno dei paesi più generosi nel concedere l'asilo politico in Europa, organizza dei corsi di lingua e di formazione e garantisce un sussidio, una casa, un inserimento lavorativo. L'accoglienza in Italia è ben lontana da questi standard.

 

Ma la legalità coincide con l'integrazione?

No. In Svezia i centri di accoglienza sono molto isolati, e i migranti sono trattenuti in queste strutture a lungo. È una politica ligia e rispettosa della prassi, ma in fondo ghettizzante. In Italia è l'inverso. Da un punto di vista legislativo siamo inetti, ma questa vacanza di regole è un ostacolo in meno all'integrazione culturale. Ricordiamoci che ci affacciamo sullo stesso mare. Siria e Italia, tutti sul Mediterraneo.

 

Dove sono oggi le persone che hanno viaggiato con voi?

In Svezia, tranne Manar e suo padre che sono stati espulsi e rimandati in Italia. Bisogna sapere che l'asilo politico può essere concesso soltanto dal primo Paese che ha registrato le tue impronte e le loro erano già state identificate a Torino. Vorrei chiudere dicendo che noi abbiamo viaggiato con la sposa ed è andata bene. La verità è che per una “gita” del genere a un migrante vengono chiesti fino a 2.000 euro da trafficanti in malafede. Che in Svezia non ti porteranno mai.

 

The Outsiders
Io sto con la sposa, sab. 13, ore 16, Teatro Strehler

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