L'OSPITE INATTESO

L'OSPITE INATTESO
di

Abbiamo intervistato il giovane regista olandese Morgan Knibbe, vincitore della Menzione Speciale Docucity/UNIMI per Those Who Feel the Fire Burning

 

«Ho studiato quattro anni alla Scuola di Cinema di Amsterdam, diplomandomi in documentario. Attraverso la Fondazione Dutch Film ho potuto realizzare Those Who Feel the Fire Burning, con poca retribuzione ma con molta passione.». Incontriamo Morgan Knibbe per parlare del suo ultimo film, opera attualissima sull’immigrazione. Nonostante la giovanissima età (ventisei anni) ha già ottenuto il Pardo d’Argento a Locarno con il suo cortometraggio Shipwreck, opera che lo ha fatto conoscere alla critica internazionale. Il suo lungo d’esordio è girato quasi tutto in “soggettiva”. «È importante capire cosa pensa il pubblico sulla prospettiva del regista» riprende Knibbe. «Credo che l’onestà sia l’unica forma possibile per trattare storie di questo tipo. L’oggettività dei media è pura illusione!». L’autore olandese racconta la genesi e le principali fonti d’ispirazione del suo film, girato tra Patrasso e Lampedusa, ai confini meridionali della Fortezza Europa.

 

Come è nata l’idea per Those Who Feel the Fire Burning?

Ho voluto realizzare il film in risposta al bombardamento mediatico sul tema dell’immigrazione, sempre raccontato in maniera che presume “oggettiva”. Ho studiato con molta attenzione le notizie quotidiane e notato una fortissima percentuale di cattiva informazione. La mia ambizione è dare emozioni intense alle persone attraverso il cinema.

 

Perché hai scelto di raccontare la storia attraverso l’inquadratura “soggettiva”?

È il simbolo dell’intero film che emerge dalle conversazioni con i profughi e dalla loro condizione attuale. Durante la lavorazione ho parlato con molti migranti. Ho scelto l’inquadratura soggettiva dei vari personaggi per cercare di mantenere lo stesso punto di vista di uomini e donne che hanno dovuto lasciare la propria casa e la propria terra, mentre cercano di raggiungere le coste dell’Europa.

 

È stata difficile la realizzazione?

A livello pratico non direi, mentre lo è stata a livello emotivo. È difficile non potere aiutare le persone in maniera diretta. Ho sicuramente imparato molto da loro. Siamo talmente abituati al benessere che ignoriamo la povertà degli altri. Siamo tutti parte di una nuova élite globalizzata.

 

Quale è la situazione attuale dei profughi in Olanda?

Quasi tutti i migranti vengono discriminati. Ma non mi sembra un problema solo olandese: le società costruiscono muri immaginari per proteggere se stesse e per rimanere divise. C’è un grande divario tra gli essere umani perché manca l’empatia. Si pensa solo ai propri problemi personali. Molti vivono in Paesi “sani” e forse è anche per questo che la xenofobia persiste.

 

Quali sono i film e i registi che ti hanno influenzato maggiormente?

Per Those Who Feel the Fire Burning mi sono ispirato a Irréversible ed Enter the Void di Gaspar Noé, a Wim Wenders, Stanley Kubrick e Takeshi Kitano. Mentre per il sonoro ho tratto ispirazione da Lo zio Boonme che si ricorda le vite precedenti di Apichatpong Weerasethakul e dal videogioco Limbo della Playdead.

 

*Foto di Matteo Bellomo

Articoli recenti

Daily