Il regista Andrea Segre - tra documentario e testimonianza – racconta il suo libro reportage FuoriRotta, il legame con il FCAAAL e il film Limbo di Matteo Calore e Gustav Hofer, di cui è stato ideatore
«Credo che restituire la memoria individuale di chi ha partecipato a tragici eventi collettivi sia il modo con cui il cinema può cercare di ricostruire un bilancio di giustizia. Per farlo ci sono molti strumenti, materiali e culturali. Il cinema può essere uno di questi quando, a differenza della televisione, diventa un linguaggio che riesce a non appiattirsi sul tempo dell’emergenza. La televisione deve situarsi dentro questo tempo, altrimenti diventa inattuale e non agisce come dovrebbe. Il cinema invece può svincolarsi da tutto ciò e agire su un altro livello, quello della memoria.». Abbiamo intervistato Andrea Segre pochi giorni dopo la riunione del Consiglio europeo straordinario per affrontare l'emergenza dei migranti nel Mediterraneo, che si è svolta lo scorso 23 aprile a Bruxelles. Il regista, scrittore e dottore di ricerca in Sociologia della Comunicazione, ha ricordato con noi la sua partecipazione al Festival del Cinema Africano, dell'Asia e dell'America Latina con Il sangue verde (Premio ACRA 2011)e raccontato il suo impegno civile e politico. È a Milano per presentare il suo libro reportage FuoriRotta (ed. Marsilio), racconto di viaggio da Valona a Dakar, da Pristina ad Accra, da Sarajevo a Ouagadougou. Il volume viene presentato in diverse città (qui il calendario: www.fuorirotta.org/fuorirotta-diari-di-viaggio-il-calendario-del-tour) con la formula di letture alternate a sequenze dei documentari dell’autore e diverse scene inedite. «Volevo evitare la canonica presentazione del libro e ho cercato qualcosa di più vicino allo spettacolo cinematografico.» racconta Segre. «Il viaggio in luoghi che non conosci e che nessuno ha preparato a tua misura sono alla base dello sguardo e della sfida documentaria.».
In FuoriRotta ha raccolto i diari scritti durante dieci anni di viaggi intorno alla Fortezza Europa. La distribuzione del libro promuove anche un altro progetto, realizzato con Matteo Calore (ospite di FCAAAL 2015, ndr) e Simone Falso. Di cosa si tratta?
Oggi il mondo sembra polarizzarsi fra chi ha il diritto al viaggio e chi pur avendolo non lo utilizza come momento di crescita umana, ma esclusivamente come divertimento sicuro e senza rischio. Il bando FuoriRotta, che scade il 10 maggio 2015, è indirizzato a giovani tra i 18 e 30 anni e vuole finanziare proposte che si allontanino dall'idea omologata di viaggio "pre-confezionato", dove lo pseudo-viaggiatore è costretto alla condizione rassicurante, ma in qualche modo immobile, di turista. Lo scopo del sostegno concesso è quello di porre al centro di queste esperienze non la dimensione del consumo, bensì quella dello scambio. Ai vincitori sarà richiesta una documentazione della loro avventura, con qualsiasi linguaggio espressivo. Vogliamo indagare in modo corale e virale sul tema del libero viaggio.
Perché, in occasione del recente vertice europeo, ha deciso di lanciare in streaming gratuito il suo film del 2008 Come un uomo sulla terra?
Il documentario raccoglie le storie di giovani migranti arrivati in Italia attraverso la Libia. Denuncia non solo l’atrocità della polizia e dei contrabbandieri libici nei loro confronti, ma sopratutto il sostegno economico e logistico dell'Europa e dell'Italia che, pur avendo le informazioni su questa violenza, preferivano stare in silenzio. È ancora necessario riaprire questo pezzo di memoria. Se l'Europa ascoltasse i testimoni di quei racconti forse capirebbe che le politiche di chiusura non funzionano da deterrente per chi invece continua a viaggiare e non ha più nulla da perdere. Credo che il problema maggiore, tra i tanti errori, sia quello di considerare ogni emergenza un elemento inatteso invece di contestualizzarlo in un percorso di scelte precise. Perché le violenze testimoniate in Come un uomo sulla terra sono la conseguenza di una nostra strategia.
Quando si parla di immigrazione clandestina quale cortocircuito si innesta nell’immaginario collettivo? C’è anche una “retorica” dell’emergenza?
I trafficanti sono additati dalla politica europea come il nemico numero uno dei diritti umani. L'emergenzialismo ci porta a credere che per sconfiggere l'immigrazione clandestina sia fondamentale fermarli. In realtà migranti e profughi in fuga scelgono le vie illegali in risposta a un'esigenza non rimandabile e alla negazione del diritto di viaggio. Questo è il vero tema. Per sbloccare la situazione qualcuno dovrebbe trovare il coraggio di spiegare che, ad oggi, tutte le politiche adottate dai governi europei sono state inadeguate e superficiali. Invece assistiamo alla crescita delle forze xenofobe auto-alimentate dall'ansia che media e propaganda innestano nella società. E la fortezza Europa si consolida.
Nel suo blog ha postato un pezzo dal titolo l’Alzheimer di Salvini... In che modo «la comunicazione iper-mediatica è diventata una tecnica di svuotamento delle conoscenze e delle memorie»?
Le urla emergenziali e le parole d'ordine del consenso demagogico hanno presa sull'opinione pubblica quanto più riescono a generare una distanza cognitiva. In assenza di vera informazione, conoscenza, di un metro di giudizio critico e memoria.
L’ha urtata usare una modalità comunicativa un pò salvinesca?
Moltissimo. Sono profondamente convinto che chi usa questa tecnica per essere “visualizzato e accumulare follower” è conscio di fare una cosa umanamente brutta. Si tratta di un mezzo volto a concretizzare il potere sull'ignoranza. Ma d'altro canto chi lo sfrutta mira proprio a questo. E colgo l’occasione per scusarmi con i malati di Alzheimer: offenderli è stato molto doloroso.
Parliamo di Il sangue verde. Il film, girato a Rosarno nel 2010, ricostruisce gli eventi e le violenze che hanno portato alla luce le condizioni lavorative di degrado e ingiustizia subite da migliaia di braccianti africani. Come ha pensato il rapporto tra le storie dei migranti e gli inserti televisivi che documentano la rivolta?
Si può ascoltare una storia attraverso la testimonianza di chi l'ha vissuta oppure affidarsi alla versione di chi produce parole d'ordine, spot televisivi o tweet. Ho voluto marcare la distanza siderale tra questi due approcci. La narrazione dei migranti denuncia la distorsione dei fatti operata dai media e assimilata dal pubblico televisivo, e palesa le conseguenze di questo non ascolto. Il mio sguardo critico non è tanto sulla politica mediatica, ma sulla fiducia dell'opinione pubblica in quel tipo d’informazione come forma di conoscenza.
In che modo si è avvicinato a questa vicenda e soprattutto, come si trasformano le persone coinvolte in protagonisti e non in oggetto della narrazione?
Non sono mai partito da esigenze redazionali ma da curiosità reali. La consapevolezza della propria ignoranza di fronte all'oggetto del racconto è il primo passo nel percorso di conoscenza. Chiedo sempre ai protagonisti di prendere alcune scelte narrative e cerco di lavorare insieme alla storia. A volte funziona così bene che diventano co-autori. Come Dagmawi Yimer, co-regista e protagonista di Come un uomo sulla terra, e Abraham, bracciante ghanese di 30 anni, in Il sangue verde. Le sue riflessioni mi hanno spinto a realizzare il parallelo, fondamentale per il documentario, tra i lavoratori africani di oggi e la vecchia società contadina italiana.
Perché ha scelto così spesso il cinema documentario come mezzo d’informazione?
A differenza del reportage che si occupa di “tematiche” ed è commentato/spiegato da una terza persona, il documentario permette di raccontare trasformando i protagonisti della storia in narratori diretti. È uno strumento che restituisce soggettività alle persone coinvolte e aiuta il pubblico ad attualizzare e riflettere. Utile soprattutto quando riguarda vicende umane lontane dalla nostra esperienza, altrimenti difficili da comprendere, come nel caso di migranti e profughi.
Stasera apre il FCAAAL. Il ricordo più bello che ha del festival del 2011 quando presentò Il sangue verde?
È stato molto emozionante, soprattutto, ritrovare Dani Kouyate, un regista che stimo molto.
Vorrei invitare tutti gli spettatori del festival a seguire Limbo di Matteo Calore, documentario sui CIE (centri di identificazione e di espulsione, ndr), e sostenere Sospesi nel limbo,il progetto di ZaLab in collaborazione con LasciateCIEntrare, per la campagna âª#MAIPIUCIEâ¬!
FuoriRotta – Diari di viaggio di Andrea Segre (ed. Marsilio) lo trovate in libreria.
L’introduzione integrale del volume è disponibile qui:
http://andreasegre.blogspot.it/2015/04/fuorirotta-introduzione-integrale.html
Limbo di Matteo Calore e Gustav Hofer, da un’idea di Andrea Segre, verrà proiettato l’8 maggio, ore 21:00, Cinema Beltrade