BALLET MÉCANIQUE

BALLET MÉCANIQUE
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Johann Lurf, regista d'avanguardia, presenta oggi a Fuori Formato una breve ma corposa sequenza di nomi - alcuni storici, altri emergenti – appartenenti alla realtà dello sperimentalismo cinematografico austriaco, sua terra d'origine

 

Il termine Avant-garde indica, nel linguaggio militare, il reparto che precede le truppe in movimento, assumendo la funzione di guida. In ambito artistico, allo stesso modo, designa quei movimenti e quei linguaggi che si fanno precursori di innovazione e rottura con il gusto corrente. Definizione senz'altro calzante per le opere austriache raccolte nel focus Viaggio immobile, a cura di Johann Lurf. Un cinema marginale che rompe le regole e attrae lo sguardo, concretizzandosi in una miscela innovativa di provocazione e spregiudicatezza da farsa. Un cinema che spiazza e colpisce, che non spiega, non si conclude, non svela un senso né una struttura portante, e gioca con la stessa ingenuità di un bambino che macchia un foglio bianco e vi costruisce un suo mondo.
La selezione è senza dubbio parziale ma rappresentativa di una realtà ai più sconosciuta, un movimento di per sé disarmonico che esalta l'autonomia del cinema e le sue infinite possibilità. Ad accomunarli è un moto perpetuo e circolare, il susseguirsi, in ognuno dei film selezionati, di un pensiero ricorrente che si dispiega. Un “viaggio immobile” che sposta lo sguardo in luoghi differenti ma tutto sommato simili, un insieme di punti distinti che potrebbero, in fondo, essere uno solo.
Questo è ciò che avviene, per esempio, in Sunset Boulevard di Thomas Korschil in cui il famoso Viale del Tramonto di Los Angeles è analizzato con sguardo lucido e ironico, un continuum di immagini in bianco e nero che si alternano, mostrando in sequenza un numero imprecisato di autisti bloccati nel traffico. Un'immersione ironica nel mito dell'individualismo dove gli esseri umani sono molteplici, ma tutti soli allo stesso modo: rinchiusi e arrabbiati nella propria automobile, imprigionati nel traffico e nella fretta perenne.
Lo stesso fa Kurt Kren che, nel 1967, compie un esperimento, fissa la macchina da presa in un café, rivolta verso la finestra, e filma, in pochi secondi, ciò che vede, poi unisce i frammenti e li alterna in loop. Un rifiuto del virtuosismo tecnico e una decostruzione del medium cinematografico che spinge lo spettatore al di là della propria sopportazione. Il cinema perde la maschera dell'arte e si fa esperimento.
Clairvoyant di Der Kleine Kreis, in anteprima internazionale, è uno sguardo folgorante e trasognato su un'immobilità che non è mai davvero statica. Il colorarsi e deformarsi di una nuvola che diventa metafora del tempo.
E infine, a chiudere le fila, Captive Horizon di Lukas Marxt. Un occhio documentario e penetrante che scandaglia il mondo. Un susseguirsi di immagini di strade e superfici che, prive di vita e contesto, confondono il nostro orientamento e la nostra percezione, spingendoci a chiedere addirittura:"Ma siamo ancora sulla Terra?".


Mountain Trip di Fruhauf, 15/67 TV di Kren, Sunset Boulevard di Korschil, GT Granturismo di Selichar, Somewhere Late Afternoon di Raidel, Österreich! di Sielecki, Space TimeDog di Eckhard, Clairvoyant di Kreis, We don't di Zlamal e Captive Horizon di Marxt, Fuori formato – Prospettive sull’avanguardia austriaca, sab 5 dicembre, ore 15.00, Spazio Oberdan

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