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LA PAROLA AI GIURATI
ALESSANDRO BERETTA
di Roberta Gialotti

Co-direttore del Milano Film Festival, collaboratore del Corriere della Sera e del suo inserto La Lettura, giurato nella sezione Lungometraggi

Come siete arrivati alla scelta del vincitore?

C'è stata una lunga discussione al termine della quale abbiamo deciso di premiare Bruce LaBruce per Gerontophilia e Pierrot Lunaire. Ci è sembrato che la forza del regista canadese fosse la capacità di svincolarsi dalla dittatura del genere e di giocare con il cinema in una maniera molto seria rispetto al tema del desiderio, che è al cuore della sua poetica. La vittoria è quindi da intendersi come il coronamento di una continua messa in discussione di sé e della propria opera. 

Inoltre siamo arrivati alla menzione d'onore per Xenìa di Panos H. Koutras, un film poco convenzionale, sia rispetto alla cinematografia greca degli ultimi anni, sia al modo in cui affronta il tema dell'immigrazione e della crisi europea.

Come sono cambiati nel tempo i festival cinematografici milanesi?

I cambiamenti principali sono dovuti alla crisi economica: i pochi soldi con cui dobbiamo lavorare ci hanno obbligato a fare di necessità virtù. È un discorso che riguarda tutti i festival milanesi e tutti i gruppi editoriali della città, ma sono convinto che si possa aggirare il problema grazie alla passione e all'inventiva.

Sicuramente l'alleanza che si è stabilita con la creazione del Milano Film Network è risultata fondamentale per far fronte alle avversità, permettendo tra l'altro di valorizzare figure professionali sia sul versante artistico sia organizzativo.

Anche il Milano Film Festival, come il Mix, si svolge al Piccolo. Che cosa significa portare un festival cinematografico in un teatro come questo?

L'idea è quella di essere presenti nel cuore della città e di assecondare il mandato di Esterni che 19 anni fa ha fondato il MFF. Si cerca di offrire al pubblico diverse iniziative culturali e portare i film in luoghi inediti per il cinema, come lo Strehler, che solitamente propone la prosa, e il parco Sempione.

Ci sembra interessante mescolare i pubblici e trasformare un luogo di passaggio, come il sagrato del teatro, in un luogo di incontro e di scambio.