CIASCUNO È STRANIERO A SE STESSO

CIASCUNO È STRANIERO A SE STESSO
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Quel po’ di folklorismo, l’attinenza al problema sociale, le leggi del territorio, la fenomenologia della miseria morale e materiale (questa si vede!) e l’analisi di una contingenza antropologica da Lévi-Strauss, insomma tutto quello che vi aspettereste da un film marocco-francese (più Qatar e UK) è completamente evitato da Tala Hadid, regista dal piglio modernissimo, di una compostezza serena e infelice. Osiamo? Ma sì. E’ un Antonioni con il thè nel deserto, un grande illustratore di situazioni interiori di varia umanità e di tragitti imperscrutabili della mente e del cuore. La storia di alcuni destini incrociati – al centro una povera bambina venduta, maltrattata, depositata, rapita, ma che non riesce quasi mai a giocare – è raccontata con una quasi crudele assenza di retorica che mette in primo piano la dinamica delle traiettorie storico geografiche. Gli occhi rassegnati ma intelligenti dell’uomo che potrebbe essere l’eroe, uno scrittore marocchino iracheno che a sua volta ha bisogno di essere aiutato, salvato (cerca un fratello arruolato negli integralisti mussulmani) illuminano il film che non ha una vera conclusione da proporre: ciascuno muore e vive solo. Attori in espressiva sintonia di fronte a una macchina di immagini molto contemporanea, con muri scrostati e mani che li accarezzano come si esprimeva la solitudine anni 60: non a caso l’autore tiene a far vedere, regalo da un muro butterato, la foto di Albert Camus accanto a un ritaglio marxista. Perchè tutti sono in fuga, la peste c’è ma non si vede e ciascuno è straniero anche rispetto a se stesso.

 

*Giornalista e critico cinematografico del Corriere della Sera e media partner del FCAAAL con  la rivista Web CultWeek

 

 

Cultweek, media-partner del Festival, organizza giovedì 7 maggio alle 18, nella sede di ChiAmaMilano in via Laghetto 2, una proiezione gratuita di Looking for Kadijia (Extr’A”). Seguirà un incontro con il regista Francesco G. Raganato.

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