QUELLA BOMBA DI FALCIANI

QUELLA BOMBA DI FALCIANI
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Grande attesa per la première italiana del film sullo scandalo Hervé Falciani. Un’occasione unica per incontrare l’ex broker che ha sfidato il colosso bancario HSBC. Angelo Mincuzzi, co-autore del libro-verità La cassaforte degli evasori, ci racconta il clamoroso SwissLeaks

 

Clima quasi da spy story stasera al Festival, per la proiezione blindatissima di Falciani’s Tax Bomb di Ben Lewis. Il film, in sezione Colpe di Stato, racconta i retroscena del caso finanziario dell’anno, lo SwissLeaks che ha minato la segretezza bancaria svizzera, dando il via a una vera e propria lotta all’evasione fiscale.

Approfondiamo i temi di questa storia con il caporedattore del Sole 24 Ore Angelo Mincuzzi, co-autore insieme a Falciani del suo libro-verità La cassaforte degli evasori (ed. Chiarelettere).

 

Come ha lavorato insieme ad Hervé Falciani alla scrittura di La cassaforte degli evasori?

Il volume non ha avuto una genesi molto semplice a causa della vita complessa di Falciani. Abbiamo iniziato a pensare al libro nel 2010, ma ci sono state diverse complicazioni: Falciani ha dovuto vivere nascosto e non eravamo liberi di incontrarci o di uscire. In seguito non abbiamo potuto comunicare al telefono perché le sue linee erano sotto controllo e bisognava organizzarsi di volta in volta, dandosi appuntamento un mese per l’altro, nel solito posto, in una città del Nord Italia. Magari capitava pure che non si presentasse! Ad esempio, per sei mesi non ho più avuto notizie di lui e sono andato fino in Francia a cercarlo. Infine, c’è la vicenda riportata anche nel libro, in cui Falciani nel luglio del 2012, va in Spagna e si fa arrestare perché era l’unico modo per far sì che i magistrati francesi e spagnoli aprissero delle inchieste per portare avanti la battaglia da lui cominciata, anche sul piano giudiziale. Dopo la sua scarcerazione sono iniziati nostri incontri blindati, sotto scorta. Solo nell’ultimo periodo abbiamo trovato il tempo per vederci e registrare la sua storia, che ho trascritto nel libro.

 

Avete trovato resistenze editoriali? 

In Chiarelettere ho trovato la casa editrice ideale, che ha subito appoggiato l’iniziativa, permettendoci di partire in maniera accelerata verso il progetto, consapevoli che alle spalle avevamo un direttore editoriale, Lorenzo Fazio, che credeva nel libro.

Cosa non scontata, visto che raccontiamo una storia molto pericolosa dal punto di vista legale per una casa editrice. I poteri di cui si parla in questo libro sono molto forti e in qualsiasi momento rischiavamo che qualcuno decidesse di esercitarli.

 

Leggiamo nel libro: «Le banche meno fanno sapere e più sono libere di muoversi». Il loro potere deriva in parte anche da questa segretezza, ma in base all’esperienza di Falciani viene da pensare che chi ha le informazioni possa controllare il sistema.

In questo periodo storico le informazioni sono nelle mani delle banche e di chi vi ruota intorno. È la storia di un sistema opaco che vive di segreti e che grazie a essi prospera. L’obiettivo è aprire una breccia in un muro di omertà, uso volutamente un termine tipico delle storie di mafia, perché anche in questo caso è l’omertà a fare da padrona. La Cassaforte è una storia sul segreto e su chi si è opposto al sistema, divulgando le informazioni. Infatti, a differenza di altri ex dipendenti di banca che hanno prelevato dati per poi sparire, Falciani non scompare. Ha la determinazione di rimanere sulla scena e di fare in modo di aprire inchieste in più nazioni possibili.

 

Ho letto in un suo editoriale sul Sole 24 Ore che «comparire nella Lista non significa essere evasori fiscali», eppure sono tanti i personaggi diffamati perché il loro nome vi compariva. Non rischiamo di innescare una caccia alle streghe?

Conviene correre certi rischi. L’informazione e la conoscenza sono sempre dei principi da perseguire, è meglio avere più trasparenza e informazione piuttosto che un sistema opaco, perché nell’oscurità e nel segreto si può fare di tutto. Molti pesci piccoli ci sono andati di mezzo in maniera inconsapevole, ma in Francia, ad esempio, è risultato che più del 90% dei clienti HSBC presenti nella Lista hanno portato i soldi in Svizzera non dichiarandoli. Una percentuale enorme, replicata in molti atri Paesi. Questo dimostra che la maggioranza di chi porta i soldi offshore lo fa in maniera illegale.

 

Italiani brava gente, diceva Giuseppe De Santis. Purtroppo però, leggendo i molti commenti sul web della gente comune sulla Lista Falciani, sono in tanti ad ammettere: «Avessi le loro disponibilità, mi comporterei come loro».

L’Italia ha sicuramente un problema culturale e soprattutto gli ultimi vent’anni sono stati disastrosi da questo punto di vista. Penso alle politiche dell’evasione fiscale e del falso in bilancio che si sono accavallate dal 2011 ad oggi. Pagare le tasse serve per il benessere della Nazione. Non farlo significa minare le basi della democrazia. Temo occorreranno molti anni prima che tutto ciò sia capito ed entri nella testa degli italiani.  

 

Il ruolo dei giornalisti dovrebbe essere quello dei cani da guardia dei poteri forti, eppure molte inchieste e scossoni mediatici di questi anni sono emersi perché qualcuno all’interno di un sistema ha deciso di parlare (Snowden, Antoine Deltour e Falciani…). I giornalisti, in tutto questo, dove sono?

I giornalisti, purtroppo, negli ultimi anni – o forse è sempre stato così – hanno scelto per se stessi un ruolo subalterno, non di critica. Agevolano il potere. Le vicende dimostrano che questi sistemi non sono invincibili, basta una persona che non sia d’accordo per aprire una falla. Sono i cosiddetti whistleblower, come la francese Stéphanie Gibaud che ha recentemente divulgato i conti occulti della UBS. Non è un caso che lei, insieme a Snowden e Deltour, siano tra i candidati al Premio Sacharov del Parlamento Europeo, per i diritti umani e la libertà di pensiero. Bisognerebbe agevolare coloro che decidono di denunciare ciò che vedono di sbagliato e corrotto dall’interno e tutelarli legalmente a livello europeo.

 

Domanda “marzulliana”: è la politica che determina l’economia o sono gli interessi economici a influenzare le linee di governo dei Paesi?

È la finanza che decide le sorti della politica, lo abbiamo visto anche con le ultime vicende della Grecia. Bisognerebbe tornare a una scissione tra potere politico e finanziario.

 

Falciani’s Tax Bomb, Ben Lewis, Colpe di Stato, dom 13, ore 19, MIMAT

mar 15, ore 16, MIMAT

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