IL SENSO DI UN FESTIVAL

IL SENSO DI UN FESTIVAL
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In occasione della premiazione del ventiseiesimo FCAAAL abbiamo intervistato Alessandra Speciale, co-direttrice insieme ad Annamaria Gallone, per fare il punto su come è cambiata la manifestazione e sul valore di una cinematografia altrimenti poco raggiungibile dal pubblico italiano


Sono ormai 26 anni che Il Festival cinema Africano Asia e America Latina porta a Milano il cinema d'autore proveniente da questi tre continenti.

Alessandra Speciale, co-direttrice del festival insieme a Annamaria Gallone e presidentessa del Milano Film Network, tira le somme di questa lunga esperienza.

I cambiamenti, in positivo e in negativo, gli obiettivi della manifestazione e il rapporto con il pubblico.

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Dopo undici giorni di festival, workshop e aperitivi è giunto il momento per i direttori artistici del MFF, Alessandro Beretta e Vincenzo Rossini, di stilare un bilancio di questa 19a edizione. Il loro sodalizio dura da quattro anni. Tra pregi e difetti, ecco la loro storia.

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LA TRIBÙ DEI VIOLENTI

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L’ucraino Miroslav Slaboshpitsky vince al MFF con The Tribe, un film vivido, scioccante e brutale, che incolla lo spettatore per 132’ nonostante sia interamente girato nella lingua dei segni. Ambientato in un collegio di non udenti adolescenti dove la violenza è pane quotidiano e l’aggressività si espande in una spirale senza fine e senza redenzione.

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DOCUMENZOGNA DALLA FRONTIERA

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Navajazo di Ricardo Silva è l'altro vincitore della 19a edizione del MFF. Riproponiamo l'intervista realizzata da Alfredo Gonzalez Reynoso e pubblicata integralmente su Vice Italia.

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DIETRO LA GUERRA, BELLEZZA

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Hüseyin Karabey ha una ricetta particolare: parla della guerra raccontando anche le cose positive che rimangono oscurate dalla sua violenza. Il film che ha vinto il premio del pubblico, Come to My Voice, parla del viaggio che Jivan e sua nonna devono intraprendere alla ricerca di un modo per salvare il papà della bambina. Pur muovendosi in un contesto di pericoli e difficoltà, il film è ricco di elementi fiabeschi, a tratti quasi magici.

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LA MORTE TI FA BELLA

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Botox o non botox, questo è il dilemma. La donna feticcio che Frédéric Doazan deumanizza in Supervenus, miglior cortometraggio di animazione, incarna la risposta. Il regista parigino taglia, riempie, aspira e gonfia. Modella un corpo femminile secondo il canone di bellezza mediatico, ma come in Frankestein di Mary Shelley, qualcosa va storto e le intenzioni non corrispondono alle attese. Il risultato fa orrore. 

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