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L’AMORE NON HA COLPA
di Benedetta Diamanti

Intervista a Chloé Barreau, autrice di La faute à mon père, una scandalosa passione che diventa lezione di vita e romanzo autobiografico 

«Sono cresciuta con la convinzione che soltanto un’avventura d’amore può cambiare la vita in destino». Così dice Chloé Barreau nel suo documentario autobiografico La faute à mon père  (La colpa di mio padre), la storia dell’amore proibito dei suoi genitori: Jean-Claude, prete bello e di successo, e l’infermiera Segolène, che nel 1971 decidono di sposarsi suscitando un grande scandalo. La regista, che sarà presente domenica alla proiezione del film, risponde alle mie domande al telefono da Roma, dove vive da molti anni.

Perché hai scelto di raccontare la storia dei tuoi genitori?

Mi sono resa conto che qui in Italia c’era molto interesse intorno a me e alla mia storia, quando dico che sono figlia di un prete, mentre in Francia tutto questo suscita una relativa indifferenza, perché la nostra cultura è ormai decristianizzata. Così sono riuscita a superare i miei scrupoli e il timore di cadere nell’esibizionismo. La storia d’amore dei miei genitori è molto romanzesca, con tutti gli ingredienti classici: gli ostacoli da superare, la passione segreta, era perfetta per farne un film. Anche il ritrovamento del materiale d’archivio (gli articoli, la trasmissione tv), che mi ha lasciata sbalordita, era un incentivo in più per raccontare la storia. Inoltre volevo restituire a mia madre il posto che le spettava, darle voce, farla uscire dall’ombra dell’uomo famoso che era mio padre e metterli così alla pari.

Come ha reagito tua madre quando le hai detto che volevi girare questo film?

Senza che glielo chiedessi ha scritto i suoi ricordi su un quaderno e me l’ha inviato per posta. Ho usato quel manoscritto per farle l’intervista e penso che il fatto di avermi già raccontato la storia la rassicurasse. Anche l’atmosfera delle riprese, a casa, fumando davanti a un tavolo a notte fonda, la faceva sentire al sicuro e in effetti sembra quasi una conversazione intima, mia madre è molto naturale e usa un linguaggio familiare.

Nel film dici di aver sempre saputo che tuo padre era un prete, ma c’è stato un momento in cui hai raggiunto una vera e propria consapevolezza di ciò?

L’ho sempre saputo, ma in Francia la religione non ha lo stesso peso che in Italia, quindi per me non era un problema. Quando a 18 anni ho visto l’intervista televisiva a mio padre che poi uso nel film, questa storia mi è apparsa con una luce diversa. Sono rimasta molto colpita dalla violenza dello scandalo che si era scatenato all’epoca, ma anche dal carisma di mio padre, dalla sua bellezza e da quanto fosse speciale il suo modo di essere prete.

Hai avuto un’educazione religiosa?

Anche se mio padre era un prete è sempre stato contrario al catechismo,  si è convertito tardi, a 18 anni, e ha avuto sempre un rapporto molto libero con la fede. Quando ero piccola mi parlava delle religioni, della figura di Gesù, che amava molto, ma mi ha lasciato libera di scegliere. Io non ho fede, sono agnostica.

Il titolo del film è La colpa di mio padre, qual è la colpa che gli attribuisci?

Questo titolo è un po’ un gioco, ha un doppio senso che in francese è molto più evidente. L’ho scelto perché mi piaceva la citazione letteraria, dal romanzo di Zola La faute de l’abbé Mouret.  Il significato letterale del titolo allude alla colpa di essersi innamorato e poi sposato, il doppio senso su cui ho giocato è ironico e affettuoso: “è tutta colpa di mio padre”, che mi ha insegnato ad amare liberamente.

Cosa rappresenta per te la proiezione al Mix?

Sono onorata che il film venga proiettato e spero che ci sarà qualcuno a vederlo. La mia presenza al  Mix è dovuta a un caso credo che la lettera finale del film sia stata un po’ la porta che mi ha permesso di entrare. Per quanto mi riguarda non credo che si debba fare distinzione tra un pubblico gay e etero, non sono una militante e non mi interessa identificarmi in un gruppo o una categoria. La lettera che chiude il film è una scelta narrativa, non è una confessione al mondo del mio orientamento sessuale. Mi piaceva il parallelo che fa mio padre, tra la sua storia e la mia, e il lavoro sull’”archivio di famiglia” con il richiamo alla lettera che mio nonno scrisse a mio padre. Non volevo inserirla, ma ha commosso il pubblico e quindi forse ho fatto bene.

Extramix, Domenica 22, ore 20.30, Eurolab