TRE DOMANDE A <br> THOMAS BRANDSTÄTTER

TRE DOMANDE A
THOMAS BRANDSTÄTTER

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L’artista viennese ci racconta come è nato il progetto con cui partecipa al concorso di Invideo. Il video è un omaggio sperimentale e astratto al punto che diventa protagonista di un gioco di associazioni animato

 

Thomas Brandstätter, ha studiato a Vienna all’università di filosofia e sette anni fa  ha fondato con il suo collaboratore Andrea Maurer studio 5, centro di sperimentazione artistica in cui i confini tra installazione, performance e animazione si dissolvono. Partecipa al concorso internazionale di Invideo con der springende punkt (Il punto nodale) reinterpretazione della figura del punto con un pizzico di ispirazione filosofica.

 

Come sei diventato regista dopo una formazione filosofica?

Ho studiato filosofia all’università, volevo essere uno scrittore, ma ancora non mi rendevo conto che scrivere fosse un’arte. Presto ho realizzato che la scrittura per me era un processo sfinente e non soddisfacente.

Mentre ero all’università, frequentavo molti artisti con cui ho iniziato a confrontarmi e grazie a loro ho capito che dovevo cercare un altro modo di esprimermi dovevo trovare uno strumento con cui mi trovassi a mio agio, dal momento che con la scrittura non riuscivo. Così ho iniziato a girare in super8: molto meglio che essere uno scrittore incapace.

 

Perchè hai scelto il punto come protagonista del tuo video?

Dovevo partecipare ad un Festival a Salisburgo, il cui tema proposto era “You are here”. Un giorno, mentre stavo ancora pensando a come elaborarlo, stavo camminando in giro per la città quando sono finito davanti ad una di quelle mappe che si trovano  in centro per i turisti. Sulla cartina c’era un punto: indicava me stesso nella città. Ho pensato che fosse un modo estremamente semplificato per rappresentare una persona. Un segno così insignificante e astratto ero io.

Ho fatto uscire dalla mappa quel segno, l’ho fatto navigare, viaggiare, trasformare. Ho creato immagini con un concetto che è un po’ come la monade di Leibniz: pur essendo inestesa forma tutte le cose. Il progetto è iniziato così poi l’ho elaborato con Andrea Mauer.

 

Come hai maturato questo stile che mescola riprese, grafica, fotografia, oggetti materiali?

Inizialmente era un problema di mezzi: quando facevo le prime riprese avevo pochissimi soldi e volevo modificare quello che riprendevo aggiungendo elementi come le fotografie.

Con il tempo la tecnologia ha sostituito i primi sistemi macchinosi: con il solo computer ora si potrebbero aggiungere vari elementi. Preferisco lo stesso continuare con gli strumenti di un tempo: faccio le fotografie, le inserisco nel video, rifaccio le animazioni.

Se facessi fare tutto al computer diventirebbe un prodotto livellato e piatto, non percepirei più i diversi piani di lavoro.

 

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