GAETANO LIGUORI: COME BILLY THE KID

GAETANO LIGUORI: COME BILLY THE KID
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In anteprima questa sera a Sguardi Altrove Una storia jazz di Valerio Finessi, ritratto musicale di Gaetano Liguori, uno dei massimi esponenti di «jazz impegnato» e grande appassionato di cinema

 

«Questa cantina è una specie di ventre materno per me, io qui mi sento accolto, rappresenta l'inizio, i primi concerti, gli anni '60 e '70, qui ci siamo incontrati e da qui è nato tutto». Il «qui» è dove ha inizio la vita jazz di Gaetano Liguori, protagonista del film Una storia jazz di Valerio Finessi. Ma cosa vuol dire vivere una vita jazz? Forse significa vivere fuori dagli schemi, libero, come nelle migliori improvvisazioni jazz, ma comunque coerente con i propri principi e ideali. Dal Corvetto degli anni '50 all'Ambrogino d'oro del 2013, infatti Liguori non è mai cambiato, è sempre lo stesso combattente degli anni '70, il pianista che negli ultimi 50 anni ha alternato lezioni e concerti presso il chiostro e le sale del Conservatorio Giuseppe Verdi alla prima linea. «Un sognatore con i piedi per terra e gli occhi ben aperti» che continua a mettere a disposizione il suo talento al servizio di molte iniziative di solidarietà, suonando in diverse parti del mondo, dall'Eritrea al Senegal, da Varsavia a Gerusalemme. Interviste, immagini del passato, dalle contestazioni ai viaggi intorno al mondo, il tutto accompagnato dalle sue musiche, costituiscono la materia prima di questo documentario, racconto di una storia d'amore che dura da una vita.

 

Come è nata la collaborazione con il regista Valerio Finessi?

Lo conoscevo da qualche tempo e ci siamo trovati dopo che avevo visto il suo documentario Se un giorno d'inverno un suonatore di fisarmonica, storia del maestro Jovica Jovic. Mi era piaciuto molto perché dava un'interpretazione non solo musicale, ma anche sociale della condizione dei Rom in Italia.

 

Da cosa siete partiti per la realizzazione del film?

Avevo appena terminato di scrivere il mio libro autobiografico Confesso che ho suonato e quindi ero fresco di ricordi. L'idea che abbiamo avuto insieme è stata quella di ambientare la mia storia nei luoghi reali in cui si è svolta: la mia casa, il piccolo teatro dove ho fatto il mio primo concerto, il campo da calcio ecc.
Il film infatti ripercorre la mia vita, dagli anni '50 a oggi, dalla mia infanzia passata al Corvetto, passando per il Conservatorio, che non ho più lasciato da quando frequentavo la seconda media, la Statale, luogo simbolo delle contestazioni studentesche degli anni '70, fino al San Fedele, a cui mi sono avvicinato nell'ultimo periodo dopo un percorso personale interiore.
Affinché non parlassi solo io, abbiamo coinvolto anche le persone che mi hanno accompagnato durante tutti questi anni, da Filippo Monico e Roberto Del Piano, che suonano con me da 40 anni, al mio primo produttore, il critico Franco Fayenz.

 

Nel film c'è un giusto equilibrio tra racconto e musica. Lo avete cercato o è venuto da sé?

Io e Valerio abbiamo lavorato a stretto contatto.

Partivamo da due visioni e presupposti diversi, lui era più per il racconto, per un lavoro di sceneggiatura, io ero più per la musica e i concerti. Il risultato finale è il prodotto del nostro rapporto lavorativo e della voglia di consegnare al pubblico qualche nozione musicale in più attraverso un racconto non accademico della musica, da Bach a Stockhausen, da Coltrane a Emerson Lake Palmer.

 

Fin da Cile libero, Cile rosso la tua musica è stata legata alle contestazioni sociali e all'impegno politico. Secondo te, è ancora tempo di contestare?

C'è una citazione del film di Sam Peckinpah, Pat Garrett & Billy the Kid, che ho fatto mia: «il mondo è cambiato, io no». Ecco, io mi sento esattamente così. C'è sempre qualcosa da fare per migliorare la società in cui viviamo. Ultimamente mi sono legato al progetto del Giardino dei Giusti, dedicato a chi si è opposto individualmente ai crimini contro l'umanità e ai totalitarismi. Il mondo sarà cambiato ma lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo non ancora, anzi...

 

Che rapporto hai con il cinema?

Sono un grande appassionato di cinema, guardo molti film e spesso vado alle anteprime. Sono stato in giuria in diversi festival, come quello nel Festival del Cinema Africano, d'Asia e America Latina di Milano, il festival religioso di Trento e altri. Un tempo scrivevo anche recensioni sul Morandini e continuo tuttora a farle per diversi siti, una delle ultime è stata quella di Whiplash, film che ho amato molto e che ho consigliato ai miei alunni e anche alle loro madri!

 

Il film è molto legato a Milano. Meglio quella degli anni '70 o quella del 2015?

Eh bella domanda. Sono due città diverse, ma non poi così tanto: la corruzione c'era allora come adesso. L'altro giorno ho ricevuto un messaggio da un mio fan, mi faceva notare quanto fosse attuale il mio brano W la cassa del Mezzogiorno. Non ci avevo mai pensato, eppure quel brano è ancora valido, sia dal punto di vista musicale, perché realizzato con un linguaggio avanguardistico che deve ancora essere assorbito, sia dal punto di vista ideologico, perché denunciavo il malcostume e il malaffare degli organi delle imprese statali.

I ragazzi della mia generazione hanno provato a rovesciare l'ordine delle cose e, grazie anche al nostro lavoro, oggi un po' di rapporti sono cambiati. Non voglio apparire nostalgico, sono convinto che anche oggi si possa lottare e fare il giusto, possibilmente senza compromessi, come Billy the Kid, e senza dimenticare il nostro passato salvaguardando la Memoria.

 

Una storia Jazz di Valerio Finessi, mar 24, ore 20:00, Spazio Oberdan

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