MA IO INSISTETTI PER STARE VOLANDO ANCORA UN POCO

MA IO INSISTETTI PER STARE VOLANDO ANCORA UN POCO
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«Mi sono emozionato. Sono stato investito da una luce interna, la città sembrava un gabbiano in volo, era bianca. È l'apparizione della città uccello, città mente, città me, città noi».

Giuliano Scabia confidò queste parole in una lettera a Dorothea, un'amica immaginaria, descrivendole Parigi dalla Torre Eiffel. A Milano, il chiostro del Piccolo rivive la stessa poesia incontrando il drammaturgo che ha fatto dell' «andare, camminare, salire, perdersi» la ragione di vita ed essenza del suo Nuovo Teatro.

Era il 1968 quando l'artista veneto si scontrò con Paolo Grassi a causa dello spettacolo Visita alla prova de l'Isola Purpurea, sulla censura russa e sulle speranze tradite della Rivoluzione. 

«Ho spaccato la commedia in cinque parti, riscrivendo gli spazi del Piccolo, fino a smontare il teatro lasciando nudo il palcoscenico».

È a partire da quest'opera che Scabia intraprende il suo percorso e scatta in lui l'esigenza di cercare nuovi spazi di espressione.

«Sono uscito dal mondo del teatro tradizionale volontariamente, ma erano tante le porte che mi si chiudevano. C'erano i veti, ma anche le occasioni. Il mestiere era un apprendistato: cercavo di capire cosa significa fare teatro». 

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