FRONTE DI LIBERAZIONE <br>DEGLI ARTISTI DA ARCHIVIO

FRONTE DI LIBERAZIONE
DEGLI ARTISTI DA ARCHIVIO

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Incontro con Diego Marcon, autore dell'installazione FRANTI, FUORI! alla Fabbrica del Vapore fino al 13 novembre. Cinque schermi di animazione in pellicola,  un nano-totem e un audio fragoroso per raccontare il collasso dell'immagine contemporanea

 

Qualche anno fa capitava di vedere su adesivi e magliette la sagoma di un nano da giardino accompagnata da un anagramma che per molto tempo è rimasto per me incomprensibile: FLN. La scoperta del suo significato, Fronte di liberazione dei nani da giardino, non ha però dissipato quell’alone di mistero che ormai aleggiava nel mio immaginario attorno a tutta la faccenda. Evidentemente, qualcuno credeva che i nani da giardino, con il loro sorriso beffardo ed enigmatico, non dovessero stare in giardino; il perché, però, mi è tuttora oscuro. E così, dopo aver visitato FRANTI, FUORI!, mostra di Diego Marcon -alla Fabbrica del Vapore fino al 13 novembre-, dove troneggia un totem di legno a forma di nano da giardino, ho capito che anche in questo caso non ci avrei visto chiaro fino in fondo.

 

La mostra, che si articola in cinque proiezioni in piccola e di una scultura in legno, è per intenzione dell’autore «opaca e senza il bisogno di un apparato teorico per essere esperita, senza un linguaggio riconoscibile, ma basata su primordiali segni e rumori» e costituisce la conclusione di un percorso di residenza presso Careof, spazio no profit che si occupa anche di archiviare il materiale video degli artisti. L’archivio è stato il punto di partenza di questo lavoro di Marcon, che dichiara «un approccio al tema speculativo e non propriamente letterale»; da qui l’elaborazione di un’idea di esso come «sfondo da cui far distaccare la mostra stessa, virando verso una direzione autonoma», piuttosto che come fonte diretta di materiale da utilizzare.

 

La cifra dominante è quella del sonno, del perturbante e dell’oscuro, in totale opposizione alla chiarezza e all’ordine su cui si basa ogni sistema di archiviazione. La stessa dimensione spaziale dell’allestimento, che si divide tra proiezioni a muro e una a terra, punta a una libera fruizione in opposizione alla «concezione negativa dell’archivio come riflesso del potere, dove i contenuti e la loro disposizione sono di fatto trattati in modo arbitrario. Da qui anche il titolo dell’installazione, un omaggio ironico alla volontà di ribellione della figura più irriverente e negativa del libro Cuore di De Amicis, Franti, che si pone come antagonista dell’ordine costituito».

 

Le proiezioni si rifanno al mondo dell’animazione e dell’infanzia. La ripetitività dei frammenti rimanda allo «svuotamento di significato dell’immagine contemporanea e alla sovraesposizione mediatica che ho notato in alcuni avvenimenti concomitanti la preparazione della mostra. Penso alle mobilitazioni successive la strage da Charlie Hebdo, agli slogan per la pulizia di Milano dopo le manifestazioni dei Black Bloc il Primo maggio e all’uso ossessivo delle immagini dei naufragi nel Mediterraneo». La stessa frattura si ritrova nel frammento di Winnie the Pooh rintitolato All Pigs Must Die, caricato di quella «connotazione disturbante che già appartiene al cartone, e che si ritrova nel nome foneticamente equivoco del protagonista, negli altri personaggi e nei tic linguistici che li caratterizzano». Una visione «triste e tosta» dell’esistenza che spesso non viene toccata dall’arte contemporanea.

 

Il clima crepuscolare della mostra è amplificato dalla «scultura sonora», registrata su pellicola insieme alla parte visiva, ma con un effetto straniante. Quanto udiamo sono i versi degli animali del cartone e i rumori generati dalle manipolazioni realizzate sulla cellulosa dalle tinte per tessuti che Marcon vi ha fatto gocciolare sopra. Utilizzando queste fonti «il linguaggio e la parola sono stati aboliti, inseguendo sempre quel tentativo di fuga da un codice comunicativo conosciuto e classificabile in un ipotetico archivio».

 

Secondo la stessa logica, l’ibridazione e la sperimentazione di codici espressivi diversi, che si allontanano dalla sua formazione cinematografica e che possono avvicinarsi sempre più a quella artistica contemporanea sono per Marcon fondamentali per generare un «senso di meraviglia», ma anche di smarrimento rispetto ai lavori già eseguiti.

 

FRANTI, FUORI! di Diego Marcon, 22 settembre - 13 novembre, Fabbrica del Vapore, Spazio Careof

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