IL FANTASMA MATERNO

IL FANTASMA MATERNO
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Xavier Dolan e il maschile contemporaneo in Tom à la ferme. Al festival, il giovane regista canadese appena premiato a Cannes con Mommy

 

La Giuria di Jane Campion ha premiato Xavier Dolan per il suo Mommy, allo scorso Festival di Cannes insieme a Jean Luc Godard. Qualcuno, più di uno, si è scandalizzato, troppo facile giocare col  "più giovane e il più vecchio".

 

Al di là dei premi, sappiamo che le decisioni delle giurie sono sempre risultato di ineffabili compromessi, il ragazzo del Quebec sulla Croisette - e non solo - è da diversi anni un  po’ più che un enfant prodige. Ormai è adulto, nonostante i suoi venticinque anni, visto che i suoi  film dichiarano un progetto formale molto netto, talmente dichiarato da rischiare persino nel futuro di irrigidirsi.

 

Tom à la ferme nel movimento di maschile/femminile che attraversa le sue storie, e nel fantasma materno che le sovrasta, rappresenta uno dei risultati più eccentrici.

 

La madre c'è sempre, per carità, e somiglia a quella di Psycho pure se viva e vegeta. Il gioco anzi è quello di rovesciare la citazione hitchockiana. Il fantasma infatti è il figlio amatissimo, morto, di cui è venuto a omaggiare la memoria l'amato. Solo che mamma non sa o non deve sapere, che il figliolo era gay, e così si fa arrivare una pseudofidanzata amica di Tom, lo stesso Dolan, che si presta a  assecondare la lacrimosa ipocrisia.

 

C'è poi un fratello (Pierre-Yves Cardinal) molto macho e omofobo, che odia subito il povero Tom perseguitandolo con violenza. Ma: quanto questa sua ostentata omofobia nasconde invece un desiderio inaccettabile per primo a se stesso?

 

Tom à la ferme disegna nello spazio chiuso della fattoria di famiglia, in una provincia senza orizzonte, le geometrie di un erotismo frustrato, la cui pulsione è dolorosa, entra nell'anima di quell'uomo e la sconvolge nel profondo.

 

Paura di amare. Il fratello prigioniero della sua immagine di fattore, muscoli e solitudine da troppo lavoro, diviene il ritratto pungente di un maschile contemporaneo che si aggrappa disperatamente a un'immagine svuotata, un "genere unico" che ormai non riesce più a controllare. La danza liberatoria, quasi bertolucciana, ma il musical è un'altra passione del regista canadese, è quel momento epifanico di libertà solo intravista. Tom, il disturbante, con la sua fragilità e il cuore a pezzi per il lutto dell'amore perduto, è libero, anche quando accetta di entrare in quella trappola. Per amore ancora una volta. Un conflitto che la macchina da presa di Dolan riesce a rendere cinema. Senza retorica, con morbida lucidità.

 

 

 

Concorso, lunedì 23, ore 22.00, Scatola magica

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