NUNCA MÀS

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La verità sugli anni cupi e violenti della dittatura di Jorge Videla (morto nel 2013) rivive nelle immagini del processo e nelle parole, nei racconti e nelle testimonianze delle vittime e dei famigliari dei desaparecidos.

Una donna ricorda il marito torturato e ucciso, un figlio mostra la cella dove fu torturato il padre. Sugli schermi televisivi inquadrati dalla macchina da presa di Alexandra Garcia-Vilà e Franck Moulin scorrono invece il volto di Videla al processo e la sua difesa così tragicamente paradossale: «Erano criminali marxisti, ho agito per difendere il mio paese…».

C’è qualcosa di caricaturale nel volto di un dittatore ormai invecchiato e senza più potere.

Il cinema - documentario e di fiction - ha spesso cercato di mettere a fuoco gli anni più bui della storia argentina. Dal bellissimo Terra di Avellaneda di Daniele Incalcaterra (rivisto di recente al festival Filmmaker), testimonianza dell’impegno delle famiglie nel ricostruire una verità nascosta dal governo per tanti anni, fino al cinema di fiction (da Hijos di Bechis a Infanzia clandestina di Ávila).

L’artista Alberto Breccia, che ha pagato con la vita la propria militanza politica, preconizzò il buio della dittatura in uno dei suoi tanti capolavori a fumetti: L’eternauta (recentemente ripubblicato da 001).

Historias de un juicio di Garcia-Vilà e Moulin – oggi allo Spazio Oberdan - ha il pregio di raccontare un processo arrivato con clamoroso ritardo e lasciando le vittime o i famigliari dei desaparecidos fuori dall’aula. Come a contrapporre in due piani teatrali la tragedia dei perseguitati e la maschera nera e opaca del carnefice.

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