Incontriamo il regista Franco Di Chiera insieme a Carmelina Di Guglielmo, protagonista della commedia romantica Big Mamma's Boy, ritratto autoironico degli italiani in Australia
Arrivano da Melbourne, ma i loro cognomi tradiscono subito le loro origini italiane. Franco Di Chiera e Carmelina Di Guglielmo sono a Milano ospiti del focus Finestra sull'Australia dedicato alle nuove e vecchie emigrazioni. Presentano insieme Big Mamma's Boy, una commedia che prende affettuosamente in giro gli italiani mammoni in Australia, con protagonisti lo “stand up comic” Frank Lotito e la “mamma” Carmelina. Di Chiera ci parla anche di The Joys of the Women, visto in questi giorni, divenuto nel corso degli anni per generazioni di donne cresciute nell'emigrazione italiana il simbolo di una riappropriazione culturale.
Perché fare un film sugli stereotipi degli italiani?
Carmelina Di Guglielmo: L'idea è stata di Frank Lotito, il “Big mamma's boy”, che è sia protagonista che sceneggiatore e produttore (insieme a Matteo Bruno). C'è poco di inventato in questa commedia, anche lui ha vissuto a casa finché si è sposato! Il film rispecchia molto la realtà, ci sono ancora tanti trentacinquenni che vivono coi genitori. Questa storia mi ricorda il conflitto generazionale esploso nella comunità italiana in Australia, coi figli che chiedevano una maggiore indipendenza e i genitori che si sentivano traditi da questa richiesta. Una vera e propria tragedia. Trent'anni fa non si poteva ridere e scherzare su questo tema, ma il tempo guarisce e l'humor può essere utilizzato per trattare in maniera leggera temi dolorosi.
Franco Di Chiera: Quello che è speciale di questo film è che un vero “time capture“ dell'immigrazione post-bellica, anche per questo motivo ho scelto di utilizzare un stile retrò nonostante racconti una storia contemporanea. Una commedia romantica, in cui ho utilizzato gli stereotipi per far ridere lo spettatore, ma senza mancare di rispetto.
C.D.G: C'è un'altra cosa importante che voglio aggiungere. Il film è il riflesso della società di Melbourne, ci sono personaggi di indiani, italiani, greci e altrettanti attori che li interpretano. È stata una specie di rivincita. Infatti è difficile trovare le minoranze in ruoli da protagonisti nei film australiani, il cinema, come la società, tende ancora a discriminare.
The Joys of the Women invece è un film sull'emancipazione e sulla memoria.
F.D.C: Racconta la storia pazzesca di Kavisha Mazzella, una cantante folk che da giovane non era interessata alle sue radici (la nonna era originaria di Ischia), voleva solo essere australiana. Una volta cresciuta si è ricreduta e ha iniziato a rivalutare le sue origini a partire dalla musica tradizionale decidendo di registrare tutte le canzoni italiane che cantavano sua nonna e altre donne italiane. Fino a fondare diversi cori, il Fremantle Women's choir prima e La Voce della Luna successivamente.
Queste donne trascorrevano a casa tutto il loro tempo, cucinavano, pulivano. Erano mogli e madri non integrate nella società che grazie al coro, hanno avuto la possibilità di reinventarsi e di partecipare alla vita culturale dell'Australia.
Un assoluto successo per le protagoniste.
F.D.C: Il documentario ha lanciato il coro su scala nazionale, le componenti sono state protagoniste in diverse occasioni, dall'anniversario dei cento anni di diritto al voto per le donne, alle partite di calcio. Inoltre hanno ispirato anche altri cori, da quello degli indigeni australiani, dei senzatetto, degli omosessuali, su cui sono stati realizzati altrettanti documentari, dando vita a un nuovo genere cinematografico.
Anche il film ha avuto un'ottima riuscita al botteghino e da 23 anni continua ad essere presente in diversi festival. La colonna sonora è uno dei maggiori successi della ABC (la tv nazionale australiana, ndr) Enterpises. La canzone Wedding Sheets di Kavisha Mazzella ha vinto il premio per la migliore canzone folk agli ARIA Award, il corrispettivo dei Grammy americani, e alcuni spezzoni del film sono diventati un'installazione permanente presso il Museo Italiano di Melbourne.
Si può dire che ha avuto un grande impatto in Australia, tanto quanto nella vita di queste donne e delle giovani spettatrici che si sono sentite più vicine alle loro madri e alla loro cultura.
Cosa significa per voi essere figli di immigrati, che legame avete con l'Italia?
F.D.C: Gli immigrati di tutto il mondo mantengono con il proprio Paese d'origine un legame puro. Un fermo immagine del passato, fatto di tradizioni e cultura che per assurdo gli italiani invece stanno perdendo. Ad esempio in The Joys of the Women la cosa buffa è che poche persone in Italia conoscevano le canzoni cantate dagli immigrati in Australia.
C.D.G: è vero, abbiamo mantenuto un legame stretto con la nostra terra d'origine. Quando torno in Italia le persone che incontro rimangono stupite dal fatto che io parli con loro il dialetto! Vengo spesso qui, ad esempio passerò la Pasqua insieme ai miei zii e cugini in Abruzzo.
Seguite il cinema italiano?
Insieme: Sì, certo.
F.D.C: Io personalmente ho amato molto La Grande bellezza e Il Divo di Paolo Sorrentino. Quando frequentavo la scuola di cinema da ragazzo, seguivo il cinema dei fratelli Taviani, il loro lavoro ha influenzato molto i miei cortometraggi e i miei film successivi, dai documentari a quelli con soggetti italiani.
Inoltre qualche critico mi ha anche detto che The Joys of the Women ricorda molto i film del Neorealismo. Ovviamente ho visto capolavori come Roma città aperta, Ladri di biciclette. Un'influenza che non ho cercato, ma che ho sempre pensato venisse spontaneamente da dentro.
Big Mamma's Boy di Franco Di Chiera, gio 26, ore 18:00, Cinema Beltrade