A SCUOLA DI TENNIS

A SCUOLA DI TENNIS
di

Il corto Matilde: la poetica storia di una bambina che, osservando il tennis e raccogliendo palline volate fuori dal campo, impara l’arte di competere da soli

 

Se hai un minimo di dimestichezza con il tennis, ti sarà chiara una delle sue regole fondanti: quando scendi in campo sei solo. Che tu sia uno spettatore, un amatore o un professionista, poco importa: gran parte del suo fascino è lì, in quella disarmante solitudine che accomuna molti sport individuali e li fa essere così spietati.

Il tennis, per chi lo conosce, rende questa solitudine ancora più estrema, perché sei solo con i tuoi limiti e lo sei di fronte a un avversario. Due solitudini allo specchio.

Certo, puoi alzare gli occhi e incontrare quelli del coach in cerca di aiuto (se hai la fortuna di essere professionista), oppure puoi cercare conforto negli amici (quando partecipi a un torneo per classificati) o al massimo ti possono incitare la fidanzata o il fidanzato (in una semplice sfida da domenica mattina).  

La sostanza non cambia: mentre giochi te la devi cavare da solo.

 

È questo che Matilde, con la sua intelligenza viva e limpida come i suoi occhi azzurri, impara dal tennis. Lo fa in un modo del tutto originale: la giovanissima protagonista del cortometraggio di Vito Palmieri apprende la sostanza di questo sport senza giocarlo.

Un pomeriggio, per una fortuita coincidenza, nel tragitto verso casa al rientro da scuola, Matilde si imbatte in una pallina da tennis. È una delle tante palline che spesso finiscono oltre le recinzioni del campo per il disappunto dei giocatori, che si riflettono nella propria goffaggine, e per la felicità dei bambini.

Quello che, agli occhi di qualunque altro bambino dell'età di Matilde, sarebbe un dono magico sul quale costruire storie fantasiose, per Matilde diventa uno straordinario strumento per riscattare le proprie difficoltà a scuola e per arginare il progressivo isolamento dalla classe.

 

Matilde raccoglie la pallina e si intrufola sugli spalti del campo. Osserva le due ragazze che stanno giocando e si lascia trasportare da una piccola epifania. D'ora in poi, ogni giorno di ritorno da scuola, Matilde si accomoderà in tribuna come spettatrice e con pazienza aspetterà che le palline escano dalla recinzione per raccoglierle e farle proprie. In poco tempo, grazie alla sua tenacia, ne riempirà uno zaino. E con l'aiuto di un rasoio e di un paio di forbici della mamma parrucchiera (presi in prestito senza alcuna autorizzazione) metterà in atto il proprio piano di riscatto nei confronti della classe.

 

La poesia di questo delicato corto si gioca tutta lì: la tenacia di una bambina e la sua capacità di cavarsela da sola, esattamente come un tennista sul campo. E questo parallelismo con il tennis è l’ennesima riprova che lo sport può motivare, educare e stimolare l'immaginazione o il pensiero laterale.

 

Anche se non hai dimestichezza con il tennis, la storia di Matilde ti aiuterà a capire una delle sue regole fondanti: quando scendi in campo sei solo. Proprio come sosteneva Gustavo Kuerten, ex numero uno e vincitore di tre titoli del Roland Garros: «Quando sei in campo sei solo e non puoi vincere se non sei forte di testa nei momenti che contano».

Come dargli torto.

 

 

* Copywriter, cantante della band Mothers of Mud e appassionato di tennis

 

Matilde di Vito Palmieri, sab 6 dicembre, ore 19.10, Sala Colonne

 

Articoli recenti

Daily