IN LOVING MEMORY OF 1991

IN LOVING MEMORY OF 1991
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Tra i film del concorso più amati dalla nostra redazione: Necktie Youth. Il lungometraggio d’esordio del sudafricano Sibs Shongwe-La Mer mette a nudo le contraddizioni della odierna Johannesburg

 

Nel ricco e tranquillo quartiere di Sandton a Johannesburg il 16 giugno, anniversario degli scontri di Soweto del 76, Emily registra in streaming il video del suo suicidio, impiccandosi a un albero del giardino. L’evento fa il boom di visualizzazioni online e una troupe di giornalisti decide di intervistare gli amici della ragazza per cercare di capire quell’atto estremo. Necktie Youth (gioventù “con la cravatta al collo”) segue le storie incrociate di Jabz, September, Nikki, Tanya, Matty, Tali, Rafi e altri giovani abitanti dei sobborghi di Joburg. Nessuno di loro ha risposte convincenti, ognuno ha solo la consapevolezza angosciante di non aver conosciuto fino in fondo la ragazza. Un’indifferenza totale regna nella Johannesburg post Apartheid. La generazione del regista ventiquattrenne Sibs Shongwe-La Mer (anche attore nel film nel ruolo di September) non riesce a vivere la libertà dalla segregazione razziale, e, nonostante ricchezza e gioventù, non riesce a essere felice. Droga e alcool sono gli unici mezzi per evitare la noia. Si esagera con le dosi di sonniferi perché l’insonnia e il ricordo di Emily non fanno dormire. La nuova generazione si ribella all’ipocrisia dei padri che hanno lasciato che il capitalismo occidentale prendesse il sopravvento nel Paese. Una generazione avvolta dal malessere e dalla solitudine, distrutta dalle droghe e dagli eccessi, disillusa nel rimpianto di un’infanzia in cui si era felici e si viveva il sogno di un vero cambiamento. Dopo vent’anni nei sobborghi di Johannesburg le cose non sono affatto cambiate. Alcune inquietanti situazioni sono rimaste del tutto irrisolte e ferme agli anni più bui del Novecento sudafricano. E se (forse) non esiste più il dualismo bianco e nero perché “ora siamo tutti neri”, occorre allora distinguersi in un’altra maniera. Bisogna trovare il modo per scontrarsi, per costruire gerarchie e confini sociali. Allora i giovani danno vita alla loro ribellione ascoltando musica rap e punk, filosofeggiando sulla morte e assumendo dosi extra di pillole.
Un film duro, in parte autobiografico, che racconta senza colore, ma con una fotografia potente, il Sudafrica più moderno, soffocato dallo sviluppo e dalla crescita delle città che tolgono gli spazi e cancellano i sogni. 

Il regista ha intuito che «il bianco e nero ha una sua forma di romanticismo in grado di riportare il cinema alle origini e forse riportare la storia del Sudafrica a quegli anni Novanta, in cui tutto sembrava ancora possibile. Certe volte quando i giovani sono rovinati, non c’è più nulla che si possa fare per loro».

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